Senatore, come si sente adesso?
«Molto, molto meglio».
Quanto è durato l’incubo Covid?
«Da domenica 7 marzo al 17 sono stato in terapia intensiva. I dieci giorni più lunghi della mia vita. È vero, è stato un incubo».
Cosa ricorda di quei momenti?
«Non vedevo nulla, avevo davanti a me solo un muro. Il reparto di terapia intensiva non ha finestre. All’interno ci sono solo letti. Pensi che non c’è nemmeno il bagno».
Ha avuto paura?
«Le dico con molta franchezza che ho temuto di morire. Insomma, non è stata una passeggiata di salute. Aggiunga un altro elemento: soffro di claustrofobia. L’ascensore mi dà ansia. Pensi allora cosa possa essere per un claustrofobico non vedere la luce per dieci giorni? Detto questo, mi faccia ringraziare i meravigliosi infermieri, medici. Al San Raffaele ho trovato una umanità pazzesca».
Come è stato il trasferimento in reparto?
«Il 17 marzo sono risultato negativo. Sospiro di sollievo. Trasferimento immediato in reparto. Le confesso una cosa».
Prego.
«Per il calcio e per il mio lavoro ho girato il mondo e ho avuto la migliore sorte di andare negli alberghi di lusso. Eppure una volta entrato in un reparto normale mi sono subito detto: “Non c’è Four Season che tenga. Questo è il posto più bello della mia vita”».
Come trascorreva le giornate?
«Stavo ore a guardare il cielo e già questo mi riempiva il cuore. Un’altra vita. Certo, restavano le punture, l’aerosol, i fastidi, ma vedevo il cielo».
Avere visto la morte davanti agli occhi cosa le fa dire?
«Che questa esperienza ha cambiato la mia psiche. La salute è l’unica cosa che conta nella vita».
Chi le è stato più vicino?
«Silvio Berlusconi e la mia famiglia».
Cosa le diceva in quelle ore tremende il Cavaliere, un altro che ha combattuto e superato Covid?
«Mi scriveva continuamente, mi mostrava il suo affetto, era preoccupato per me. Vedevo le sue chiamate anche quando non potevo rispondere per la stanchezza».
Possiamo sapere cosa le scriveva?
«Amore, amore, amore. La mia storia con Berlusconi nasce il 1 novembre del 1979 quando sono stato invitato a casa del presidente. Lo posso dire una cosa: ho vissuto tre delle quattro vite di Silvio Berlusconi. Non sono stato al suo fianco solo nella vita da costruttore. Poi ci sono sempre stato. Quando ha deciso di primeggiare nel settore della televisione ero con lui. E poi ancora nel mondo del calcio. Un giorno, era ancora al Monza, e mi dice così: “Vogliamo portare il Milan in cima al mondo?”. In tre anni abbiamo vinto la Coppa Intercontinentale. Per non parlare della politica. Nell’autunno del 1993 decide di scendere in campo per salvare il Paese dalla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. Il 28 marzo del 1994 è a Palazzo Chigi. E io sono sempre lì».
Senatore, adesso dove si trova?
«Da ieri sono nella mia casa a Milano. Stamane quando mi sono svegliato ho provato una gioia infinita».
Ovvero?
«La mia prima doccia dopo tre settimane. Lei dirà: “Ma Galliani è scemo?”. Dopo aver visto la morte si apprezzano anche le cose più banali».
Cosa le hanno detto i medici?
«Che ci vorrà un mese circa per riprendersi definitivamente. Ho perso dieci kg perché in quei maledetti giorni non riuscivo nemmeno a mangiare una polpetta».
Qual è la prima cosa che vorrà fare?
«Con Pierferdinando Casini, che ha avuto come me il Covid, abbiamo preso un impegno ufficiale: ci recheremo al Santuario della Madonna di San Luca. Andremo lì a pregare».
Quanto le è mancato il calcio?
«Tanto. È la mia grande passione».
Ha comunque seguito l’evoluzione del campionato di serie A e B?
«Sì, ma sempre e solo attraverso la piattaforma livescore».
Non ha visto partite?
«Avevo l’angoscia che nel corso di un match potessero parlare dei decessi, della pandemia».