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L’errore del Cile, tante vaccinazioni e riaperture scellerate: torna il lockdown

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Lo chiamano «il paradosso cileno». Il Paese sudamericano ha stupito il mondo per la rapidità della sua campagna di vaccinazione di massa contro il Covid-19: 4,6 milioni di persone su 18 milioni di abitanti hanno già ricevuto due dosi, 7,2 milioni almeno la prima; solamente Israele, Emirati Arabi e Seychelles hanno fatto meglio.

Eppure il contagio continua a diffondersi a ritmi record, soprattutto tra i giovani, e le terapie intensive degli ospedali hanno un’occupazione media del 95%. L’ultimo «bollettino» parla di 1.076.499 casi complessivi confermati e 24.346 morti.
Così, da fine marzo, gran parte del Paese è tornata in lockdown quasi totale.
Cosa sta succedendo in Cile?
Il «paradosso» ha più di una spiegazione. La prima — più immediata, e di cui avevamo dato conto qui — è che con l’allentamento delle limitazioni agli spostamenti e la riapertura di scuole e negozi la popolazione si era illusa che la pandemia fosse solo un ricordo. Come ha sottolineato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), l’immunizzazione non sostituisce la prevenzione: «C’è chi smette di osservare misure come il distanziamento fisico, l’igiene personale, l’aerazione degli spazi o il divieto di assembramento», ha dichiarato Maria Van Kerkhove, responsabile dell’unità tecnica anti-Covid dell’Oms. «Ma o vaccini sono solo uno degli strumenti per frenare i contagi e non possiamo dormire sugli allori solo perché ci siamo vaccinati».

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