L’Ausl di Reggio non ha fatto alcuno sbaglio, anzi, in realtà è stata l’unica ad attenersi al protocollo. La responsabile dell’Igiene pubblica scrive infatti anche questo, nel documento: “Comunico di aver preso atto dell’attuale situazione e delle misure da voi adottate secondo i protocolli sanitari attualmente in vigore per le squadre di calcio professionistiche”. Eppure è andato tutto al contrario, dopo. La Reggiana ha avuto l’enorme sfortuna di essere la prima a incappare in un focolaio Covid. Il ricorso vinto dal Napoli a dicembre grazie all’Ausl locale che aveva utilizzato l’espressione “rimanete a casa” ha aperto la strada a un’interpretazione che ha portato al recupero delle partite e a nessun’altra sconfitta a tavolino. E’ capitato solo ai granata.
La Reggiana avrebbe potuto fare un ulteriore ricorso? Sì, ma la Lega aveva definito il protocollo “inattaccabile” e quindi il rischio sarebbe stato di vedersi infliggere pure un punto di penalizzazione. Col senno del poi il mancato ricorso è sicuramente un rammarico, ma non cambia il ragionamento di principio: perché essere puniti per aver rispettato un protocollo? E ancora: dopo essersi accorti dell’inadeguatezza del protocollo stesso, tanto da cambiare le carte in tavola a campionato in corso, perché non porre rimedio all’errore fatto a fine ottobre? Nelle ultime ore il Consiglio comunale di Reggio ha approvato un ordine del giorno con primo firmatario il consigliere leghista Matteo Melato: si impegna la giunta a chiedere al Consiglio dei ministri, al presidente Lega B, alla Figc e al Coni il “rispetto dei principi di correttezza e lealtà”.
I granata sono in silenzio stampa e lo rimarranno tutta la settimana, ancor più dopo la decisione dell’assemblea di Lega di domenica scorsa di sospendere il campionato per due settimane per permettere i recuperi, con la conseguenza che dal primo al 10 maggio si dovranno giocare 4 partite. Quelle finali, quelle fondamentali.