Però, ci presentammo in tanti. Perché la corsa era l’unico sport alla portata di tutti, magari per strada e appresso ad un pallone. Così, iniziammo a ‘trottare’ senza risparmio con il solo risultato di arrivare già ‘spompati’ sulla linea di partenza. E, dopo il via, fatti pochi metri, ci fu l’ecatombe. Il prof si infuriò moltissimo, ma noi non avevamo colpa, anche se una colpa l’avevamo: eravamo nati troppo presto.
Ci volle ancora qualche anno, infatti, perché lo sport prendesse vigore, spinto dal boom economico, dalle due piscine e dai campi per il tennis, a Torrione. Agli inizi degli anni ’70, non c’era giovane senza una sacca e una racchetta di legno. La ‘Duchesca’ a Napoli era il luogo di approvvigionamento. Per tutto e per tutti.
Da allora, sono passati cinquant’anni ed è cambiato il mondo. Per lo sport, da noi, c’è stata la sostituzione del Vestuti con l’Arechi, senza la pista di atletica, a cui ha fatto seguito un inarrestabile declino del ‘tempio’ dei tifosi granata. Il suo recupero per le società amatoriali, sempre annunciato, resta ancora un sogno mentre il terreno, utilizzato per il rugby, sarebbe più adatto per le patate. Nulla diciamo del ‘capannone industriale’ di via Nizza e dei locali sbrecciati e degradati utilizzati da altre discipline. Come diceva un grande sportivo: “l’è tutto da rifare”.
Da qualche anno, poi, si vocifera di una colata di cemento sulle curve nord e sud ‘grazie’ a nuove costruzioni residenziali/sanitarie che, oltre a restringere lo spazio in grado di far alzare gli occhi al cielo e, di notte, di vedere le stelle, potrebbe alterare sensibilmente un luogo nel quale gli sportivi hanno versato lacrime di dolore e di gioia, hanno sofferto, esultato, penato e festeggiato. Sempre con lo stesso grido in gola: Forza Granata!
Comunque sia, non può negarsi ci sia stata la volontà di dare alla Città un nuovo centro sportivo, finanche di prestigio internazionale, con l’avvio nel 2005 dei lavori di un Palazzetto progettato dall’archistar Tobia Scarpa in associazione con altri professionisti.
La struttura avrebbe dovuto consentire l’esercizio di ogni pratica in/out e in vasca, nonché l’organizzazione di eventi pubblici di qualità, come concerti, sfilate e mostre, grazie alla disponibilità di locali polifunzionali, sala stampa, studi per registrazioni e riprese televisive, caffetterie ed altro. La capienza era stata prevista per un massimo di 8.000 persone con spazi delimitati da quinte manovrabili in funzione delle specifiche manifestazioni. All’esterno, una torre alta 30 metri avrebbe dovuto ospitare un ristorante affacciato sul mare (fonti: CorriereMezzogiorno e altre).
Purtroppo, alcuni problemi tecnici costrinsero dapprima ad apportare immediate varianti e, successivamente, nel 2009, imposero l’abbandono del cantiere da parte dell’impresa con la consegna dei libri in Tribunale. Ci fu chi parlò della ‘insostenibilità’ di un progetto troppo ‘faraonico’ e del rifiuto del progettista di ridimensionarlo (fonte: CorriereSalerno).
In ogni caso, a quella data, secondo una valutazione effettuata dal direttore dei lavori, l’avanzamento delle opere venne stimato tra l’80 e il 100% per una spesa di oltre 13milioni di euro (fonte: Skyscraper e CorriereMezzogiorno). Da allora, solo abbandono. Addirittura, nel cantiere venne ritrovato il corpo di una donna uccisa (fonte: Cronache).
Più di recente, nel 2018, lo stesso massimo esponente ha chiarito che “le strutture si fanno e si gestiscono, altrimenti non ha senso”, sottolineando la necessità che siano affidate “a gente in grado di pagare le rate del mutuo” (fonte: Cronache). Forse, voleva dire che eravamo ancora piccoli per le cose grandi?
Oggi si riparte, poiché, dopo l’ipotesi di un palazzetto a Mariconda, è stata avviata la procedura di gara per un progetto da 8,5milioni innestato sui resti della struttura incompiuta. Però, secondo quanto dichiarato nel 2016 dal responsabile tecnico del Comune, quei ruderi non sarebbero recuperabili a causa del ‘lavoro indisturbato’ della salsedine e degli eventi atmosferici per almeno 12 anni (fonte: ottopagine). Chissà, chi lo sa. Si vedrà, all’esito della progettazione, con l’avvio dei lavori.
Intanto, lo sport continua a soffrire. E, soffrono, in particolare, le piccole associazioni e i giovani atleti che, per esercitarlo, sono costretti ad utilizzare quello che c’è, dove c’è, ovviamente pure in strutture private, a pagamento.
Altrove, in Città anche più piccole, la situazione è ben diversa. Per i soli palazzetti, restando al centro-sud, Nocera ha una struttura da 1.600 posti, Eboli da 6.500, Scafati da 3.700, Avellino da 5.195, Benevento da 4.000, Pescara da 3.000, Roseto degli Abruzzi da 4.050, Chieti da 2.600, Potenza da 3.220, San Severo da 4.000, Ostuni da 2.100, Agrigento da 2.000, Capo d’Orlando da 3.916. Non parliamo del nord. Sarebbe impietoso.
Certo, stupisce che il Palazzetto sia rimasto incompiuto a differenza di altre opere, come Tribunale, Piazza a mare, Stazione Marittima, che sono state completate dopo il fallimento delle prime aggiudicatarie. Forse, sono stati ritenuti prioritari altri obiettivi o, forse, davvero quel progetto era troppo ‘faraonico’ e di difficile gestione.
Così, come facevamo noi cinquant’anni fa, molti ‘trottano’ per strada, sfruttando il clima mite che consente di correre sul lungomare, e giocano sulle spiagge, avendo cura di evitare di buttare la palla in acqua nelle giornate del ‘troppo pieno’ delle fogne e in quelle delle melme rosse, bianche e nere presenti sull’arenile di S. Teresa.
Epperò, se ci mancò lo sport, non ci mancarono le occasioni di lavoro e di miglioramento sociale. I nostri figli e nipoti, purtroppo, non hanno né lo sport, né il lavoro, né altre utilità, mentre la sciagura sanitaria sta accrescendo i motivi di delusione e depressione fornendo nuove motivazioni per decidere di ‘vivere la vita’ in altri luoghi, sia perché non si vive due volte, sia perché è ‘giusto viverla nel modo migliore’. E, non è certo accettabile farlo stando seduti davanti ad uno dei tanti ‘Bar dello Sport’ che, invero, non mancano.
Per cambiare il loro futuro, il Palazzetto non basterà. E’ necessario avviare, da subito, un progetto di riscatto e di crescita economica più coerente con le aspettative dei cittadini di ogni età, più rispettoso degli equilibri sociali e più equo nell’utilizzo delle risorse di tutti.
Questa Città ha bisogno di amore, e anche di più equità.
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