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Le varianti covid iniziano a preoccupare: anche in Campania decessi di 50enni

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Il Covid non è più quello di marzo 2020. I numeri del contagio in Inghilterra (ieri) e in India (oggi) sono una testimonianza eloquente di come le varianti facciano il paio con l’incremento dei contagi. Adesso però arriva Eurosurveillance, rivista scientifica europea dedicata all’epidemiologia, a mettere nero su bianco, tramite uno studio comparativo, la pericolosità delle nuove forme del virus. Sotto la lente dei ricercatori sono finite tre modificazioni della struttura del Coronavirus isolato per la prima volta a Wuhan, scoperte poi anche in Italia: si tratta delle cosiddette varianti inglese, sudafricana e brasiliana.

Eurosurveillance ha preso in considerazione 23mila casi di infezione da variante in una serie di paesi europei (tra cui l’Italia) e li ha confrontati con altrettante positività da Covid “prima maniera” immagazzinate nel Sistema europeo di sorveglianza (TESSy). Ecco cosa hanno scoperto gli autori della ricerca.

Cosa dice lo studio sulla pericolosità delle varianti del Coronavirus
In breve, chi contrae il Covid “mutato” ha una maggiore possibilità di essere ricoverato in ospedale. Insomma, le varianti sono non soltanto più trasmissibili, ma anche più violente. Nel caso della variante inglese, sostiene lo studio, la probabilità di essere ricoverati in ospedale è dell’11% superiore, mentre aumenta dell’1,4% il rischio che il paziente finisca in terapia intensiva. Sempre secondo la ricerca, scende la soglia anagrafica dei ricoverati: 63 anni contro i 69 del virus non mutato.

Nel caso della variante sudafricana, il rischio di ospedalizzazione aumenta del 19,3%, quello di terapia intensiva del 2,3%, mentre l’età media scende a 67 anni. Relativamente alla mutazione isolata in Brasile, le cifre sono rispettivamente del 20 e del 2,1% superiori al virus di Wuhan, con età media dei pazienti invece più alta (76 anni).

Le varianti dovrebbero preoccupare anche la fascia più giovane della popolazione: nel caso dei 20-39enni e dei 40-50enni, infatti, la mutazione inglese aumenta rispettivamente di 3 e 2,3 volte la possibilità di essere ospedalizzati (ma le probabilità di morte sono inferiori rispetto al Coronavirus non mutato).

La sudafricana colpisce più duramente i 40-59enni e i 60-79enni, per i quali un ricovero in ospedale risulta aumentato di 3,5 e 3,6 volte rispetto ai casi osservati a inizio pandemia (anche i decessi sono superiori). Infine, per la brasiliana, il ricovero è tra le 3 e le 13,1 volte maggiore nei gruppi di età 20-39, 40-59 e 60-79.

Negli stessi campioni, la probabilità di finire in terapia intensiva è inoltre dalle 2,9 alle 13,9 volte superiore. A proposito di pericolosità delle varianti, un super anticorpo recentemente scoperto sembra conservare l’efficacia nonostante la virulenza delle mutazioni. Anche in Campania nelle ultime settimane si sono registrati ricoveri e purtroppo decessi di persone tra i 30 e i 50 anni.

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