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Covid: preoccupa la variante indiana, in Italia almeno 52 casi

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Sono al momento 52 i casi di variante indiana segnalati in Italia, sulla base delle sequenze del virus SarsCoV2 trasmesse alla banca dati internazionale Gisaid. Le ha individuate la ricerca condotta da Angelo Boccia e Rossella Tufano, del gruppo di Bioinformatica del Ceinge-Biotecnologie avanzate coordinato da Giovanni Paolella. «Il dato si riferisce del numero delle particelle virali delle quali è stata fatta la sequenza e non al numero dei casi reali presenti in Italia: andando avanti avremo nuovi numeri», precisa il genetista Massimo Zollo, dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge.

Della variante indiana B.1.617 sono state finora identificate tre “sotto-varianti” chiamate B.1.617.1, B.1.617.2 e B.1.617.3. I dati più recenti disponibili, relativi al 14 maggio, indicano che delle 52 sequenze del virus con la variante indiana rilevate in Italia, tre sono del tipo B.1.617.1 e 49 del tipo B.1.617.2; nessuna sequenza al momento appartiene al tipo B.1.617.3. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, i 3 casi della variante B.1.617.1 sono stati individuati in Veneto (1), Liguria (1) e Lazio (1). Dei 49 casi della variante B.1.617.2, la maggior parte è stata individuata nel Lazio (66%), dove nella zona di Sabaudia (Latina) era stata individuata più grande concentramento di persone con questa variante; le altre sequenze provengono da Trentino Alto Adige (14%), Lombardia (10%), Puglia (6%), Friuli Venezia Giulia e Sicilia, ciascuno con il 2%.

«E’ una fotografia della situazione al 14 maggio delle sequenze depositate ma questo non è la situazione che rappresenta l’incidenza della variante in Italia, e questi rapporti potrebbero cambiare», osserva Zollo. E’ vero per l’Italia come per l’Europa, dove la concentrazione prevalente della variante indiana è attualmente in Gran Bretagna, grazie al massiccio programma di sequenziamento nazionale promosso nel Paese, e nel resto d’Europa i valori rilevati in Italia sono confrontabili a quelli di Francia, Irlanda, Belgio e Danimarca. Nel resto del mondo concentrazioni della variante sono presenti in Australia, Nuova Zelanda, Indonesia e Sri Lanka.

Quella indiana è una variante complessa, nella quale si trovano alcune mutazioni tipiche di quella inglese B.1.1.7 e alcune della variante nigeriana B.1.1.207, e altre mutazioni non presenti su altre varianti, osserva Zollo, come quelle che riguardano una zona diversa dalla parte della proteina Spike chiamata Rbd e che si lega alla porta d’ingresso del virus nella cellula, il recettore Ace2. «In particolare la variante indiana – prosegue – ha stessa mutazione della variante isolata in California e di quella sudafricana B.1.351. E’ una mutazione che tutti i virus della famiglia SarsCoV2 si sono adattati ad avere: è una mutazione che si sta adattando a trovare interazioni diverse e sta imparando a riconoscere recettori che non conosciamo». Altre mutazioni, conclude, «si stanno distribuendo nel mondo, dall’Australia al Kenya, fino alla Nuova Zelanda».

Gazzetta del Sud

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