Proprio come accaduto col sito dell’Inps appena un anno fa, così la piattaforma del Ministero della Giustizia lo scorso 13 maggio ha subito quello che viene definito “data breach”, ovvero la violazione dei dati e il rilascio intenzionale o non intenzionale di informazioni sicure o private. A peggiorare le cose, i fatti sono accaduti mentre più di 25mila aspiranti avvocati tentavano di accedere al portale che avrebbe consentito loro di sostenere l’esame di abilitazione alla professione.
A segnalarlo sono stati gli stessi candidati che, appena dopo aver fatto l’accesso al sistema si sono ritrovati i dati di altri iscritti: nome, cognome, data di nascita, residenza numeri di telefono, F23, e i voti degli esami di abilitazione sostenuti in anni precedenti. Un caos totale, che ha gettato nel panico migliaia di aspiranti avvocati, dalle conseguenze pesantissime. Una circostanza di una gravità assoluta che, ancora una volta, mostra le falle di un sistema che andrebbe protetto e salvaguardato il più possibile in virtù dei dati sensibili in esso contenuti.
Il Codacons, proprio alla luce della gravità del caso, ha presentato un esposto denuncia e nomina di parte offesa alla Procura della Repubblica di Roma chiedendo di aprire una indagine per la violazione del codice della privacy ma soprattutto per la violazione penalmente rilevante di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello dell’inviolabilità della corrispondenza, nonché possibili violazioni inquadrabili tra i reati informatici.
L’Associazione lancia inoltre oggi una azione risarcitoria in favore degli aspiranti avvocati che hanno subito un evidente danno sul piano della trasparenza e della privacy, mettendo a loro disposizione la nomina di persona offesa individuale per segnalare alla Procura la propria posizione e chiedere, in caso di avvio di un procedimento, un adeguato risarcimento per i danni subiti.
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