Non detenendo più il soggetto che aveva eseguito la cattura lo squalo nella sua disponibilità, una rapida identificazione, è effettuata con la consulenza dei Proff. Dott.ri Massimiliano Bottaro e Claudia Gili (Stazione Zoologica Anton Dohrn – Istituto Nazionale Di Biologia, Ecologia E Biotecnologie Marine) su documentazione fotografica qualificando, in prima battuta, l’esemplare come squalo azzurro o verdesca (Prionace glauca).
Successive indagini hanno portato ad identificare il furgone utilizzato per il trasporto ed a ricostruire il tragitto del pescato che risultava essere stato ceduto ad un esercizio commerciale di Agropoli. Il tempestivo accesso dei militari, avvenuto al momento dell’apertura della pescheria, ha consentito di rinvenire l’esemplare posto in vendita in tranci come palombo (Mustelus mustelus).
Immediatamente è scattato il fermo amministrativo ed al fine di definire con certezza la specie, al prelievo di campioni di tessuto da parte del veterinario della competente ASL territoriale. Le specifiche analisi genetiche ottenute mediante PCR e sequenziamento, eseguite presso l’istituto Zooprofilattico Meridionale di Portici confermavano l’appartenenza dello squalo alla specie Prionace glauca e, pertanto è il titolare della pescheria è stato denunciato oltre ad aver ricevuto una multa dai Carabinieri CITES di 4500 euro per il mancato tracciamento del pesce oltre che per frode in commercio.
Sequestrare in totale 26 kg. di carne di squalo già porzionato e venduto come come detto, come palombo. Infatti è da ricordare, a garanzia dei consumatori, che la vendita di pesci la cui provenienza non è tracciabile è vietata dal decreto legislativo 15 settembre 2017 n. 145 e dal reg. (CE) 178 del 28 gennaio 2002, così come vendere una specie per un’altra (come per esempio uno squalo propinandolo per pesce spada), configura il reato di frode in commercio punito dall’art. 515 del codice penale.