L’indagine ha coinvolto 7.789 operatori, di cui 3918 femmine e 3871 maschi, che sono stati sottoposti a test di laboratorio per valutare l’entità dell’immunizzazione protettiva indotta dal vaccino a distanza di 40 giorni dalla seconda somministrazione.
I valori anticorpali, dosati nei campioni siero-ematici hanno mostrato nel 84,4% livelli molto elevati di anticorpi contro il recettore RBD della proteina spike di SARS-COV2. La risposta anticorpale è stata riscontrata nel 97,92% del totale dei vaccinati, solo 2,08% di essi mostrava valori bassi, anche se comunque reattivi.
Nel dettaglio i dati ottenuti sono così stratificati:
− il 52,8% del campione ha avuto una risposta tra 2.000 BAU e 4000 BAU (Binding Antibody Unit) /ml;
− il 31.6% ha avuto una risposta superiore a 4000 BAU/ml;
− l’8,38 % mostrava un titolo tra 500 e 1.000 BAU/ml,
− il 5,14% mostrava un titolo tra 100 e 500 BAU/ml.
− Solamente il 2,08% aveva valori inferiori a 100 BAU/ml.
Si tratta di risultati molto confortanti, che spronano l’Asl Salerno a completare il protocollo vaccinale e a continuare il monitoraggio sierologico sul personale dipendente nei prossimi mesi, al fine di valutare se nel tempo sia possibile stabilire la durata di tale risposta, contribuendo a definire una soglia minima anticorpale di protezione contro l’infezione da SARS-COV2. L’indagine proseguirà, quindi, con prelievi ed ulteriori rilevazioni a 3, 6 e 9 mesi di distanza dalla somministrazione vaccinale.
Lo studio, organizzato dal Dipartimento dei servizi sanitari e dall’UOC Servizio protezione e prevenzione-sorveglianza sanitaria, è tra i maggiori svolti ad oggi in Italia.
Ma se i virologia e gli infettivologi dicono che e’ un indagine che non serve a niente perché sperperare così il pubblico denaro?