Il 75esimo anniversario della Liberazione d’Italia dal giogo delle truppe tedesche si è svolto sotto tono per le restrizioni del covid.
Anche a Salerno è stato ricordato in tono dimesso l’evento storico con la posizione di corone dinnanzi alle targhe e ai monumenti celebrativi della riconquistata dignità nazionale con la sconfitta della “tedesca – rabbia”
Alla lotta di liberazione, dalle Alpi alla Sicilia, vi hanno partecipato militari, sfuggiti ai rastrellamenti evasi dalle carceri militari.
E’ stata una rivolta di popolo alla quale hanno dato il contributo di sangue appartenenti a tutti gli schieramenti politici senza distinzione di ideologie.
Uomini e donne uniti contro l’oppressore.
A Salerno non c’è stato il corteo con banda musicale. Nessuno ha potuto cantare ‘Bella Ciao’ e scorgere fra i tanti partecipanti un uomo minuscolo in tarda età con il collo fasciato dal fazzoletto dei deportati nei campi di sterminio nazisti.
Il piccolo grande uomo si chiamava Antonio Iacuzzo al quale per motivi economici la civica amministrazione di Salerno ha risposto negativamente alla ristampa delle sue memorie da “Salerno a Dachau”
Il giorno della ricorrenza ho preso tra le mani l’unica cosa che potevo fare ho letto le “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana” di Mondadori (8 settembre 1943 – 29 aprile 1945) a cura di Pietro Malvezzi e Giovanni Pirelli con la prefazione di Enzo Enriques Agnoletti.
E’ stata una sorpresa leggere fra le lettere quelle di 2 condannati a morte nati in provincia di Salerno. i
I loro nomi Raffaele Gianlorenzo, di anni 24, calzolaio nato ad Auletta (Salerno) il 18 gennaio 1921. Dopo l’8 settembre 1943 combatte nei primi gruppi Partigiani nella zona di Torre Pellice Pinerolo fucilato il 10 marzo 1945 a Ponte Chisone Pinerolo da un plotone tedesco e di militi delle Brigate Nere.
Rivolgendosi alla moglie dal carcere di Pinerolo scrive, fra l’altro: “Emilia voglio che tu e i tuoi non piangiate, che invece vi rassegnate e vi diate coraggio…”
Generale di Brigata Aerea Sabato Martelli Castaldi di anni 36. Direttore del polverificio stacchini di Roma, dopo l’8 settembre 1943 sabota la produzione destinata ai tedeschi e fornisce al fronte clandestino dei partigiani del Lazio e dell’Abruzzo armi e detonatori
Trucidato alle Fosse Ardeatine di Roma medaglia d’oro al valore militare in un biglietto fatto recapitare clandestinamente alla moglie scrive: “…penso la sera in cui mi dettero 24 nerbate sotto la pianta dei piedi nonché varie scudisciate in parti molli e cazzotti di vario genere. Io non ho dato loro la soddisfazione di un lamento solo alla ventiquattresima nerbata risposi con un pernacchione…”
di Enzo Todaro