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Quanto si è protetti dopo la prima dose del vaccino Covid

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I vaccini anti Covid di AstraZeneca, Moderna e Pfizer si basano su una doppia dose (prime e richiamo); ciò determina un intervallo di tempo in cui si è solo parzialmente immunizzati dall’infezione sintomatica da coronavirus SARS-CoV-2

Lo spiega Andrea Centini su Fanpage.it.

Per ottenere l’immunizzazione completa dalla COVID-19 dai vaccini a doppia dose bisogna ricevere il cosiddetto prime (prima dose) e il boost o richiamo (seconda dose). La somministrazione della seconda viene programmata a una determinata distanza dalla prima, legata al tipo di vaccino; per lo Pfizer, ad esempio, è prevista a 21 giorni (benché sia stata posticipata a 35-42 giorni in Italia), per il Moderna si arriva a 28 giorni e per l’AstraZeneca a 12 settimane (3 mesi). C’è dunque una finestra temporale in cui si è coperti solo parzialmente dalla vaccinazione, ma quanto si è effettivamente protetti dall’infezione sintomatica?

Innanzitutto è doveroso sottolineare che fare confronti diretti fra le “fredde” percentuali di vaccini che si basano su tecnologie differenti (Pfizer e Moderna sono a mRNA, AstraZeneca e Johnson & Johnson a vettore virale) non è corretto secondo gli esperti, inoltre va tenuto presente che le sperimentazioni sono state condotte in fasi differenti della pandemia; ad esempio il Johnson & Johnson, che dagli studi clinici sembra avere un’efficacia inferiore rispetto altri (66 percento contro 82-95 percento), è stato testato quando già circolavano varianti più trasmissibili e caratterizzate da mutazioni di “fuga immunitaria”.

Fatta questa premessa, per quanto concerne il vaccino di Pfizer-BioNTech in base ai dati della Food and Drug Administration la protezione tra prima e la seconda dose dall’infezione sintomatica risulta del 52,4 percento, con un’efficacia compresa tra il 30 percento e l’84,5 percento.

Si ritiene che la protezione sia molto maggiore (80-90 percento) del valore rilevato perché l’analisi abbracciava anche le prime due settimane dopo la prima dose; ricordiamo infatti che la protezione “monta” a circa due settimane dall’inoculazione dalla prima dose ed è massima a due settimane dopo la seconda. Il vaccino a RNA messaggero di Moderna ha invece mostrato un’efficacia del 69,5 percento (forchetta compresa tra il 43,5 percento e l’84,5 percento) nell’intervallo tra prime e boost.

Per il Vaxzevria di AstraZeneca, la cui seconda dose viene effettuata diverso tempo dopo rispetto ai vaccini a mRNA, secondo lo studio “Single-dose administration and the influence of the timing of the booster dose on immunogenicity and efficacy of ChAdOx1 nCoV-19 (AZD1222) vaccine: a pooled analysis of four randomised trials” pubblicato su The Lancet, la protezione dalla COVID-19 è del 76 percento per almeno tre mesi.

Questi sono risultati legati agli studi clinici, ma iniziano anche a essere diffusi quelli relativi al mondo reale, considerando che ad oggi, in base alla mappa di Our World in Data, sono già state somministrate ben 1,7 miliardi di dosi, 31,4 milioni delle quali in Italia (10,4 milioni di persone hanno ricevuto la copertura completa, pari al 17,2 percento della popolazione nazionale).

Lo studio “Interim findings from first-dose mass COVID-19 vaccination roll-out and COVID-19 hospital admissions in Scotland: a national prospective cohort study” dedicato alla campagna vaccinale in Scozia, ad esempio, ha dimostrato che dopo circa 30 giorni una singola dose di Pfizer è efficace contro il ricovero ospedale al 91 percento, mentre una di AstraZeneca all’88 percento.

In Sud Corea una singola dose di Pfizer ha protetto al 90 percento dall’infezione sintomatica e l’AstraZeneca all’86 percento, secondo i dati rilasciati dalle autorità sanitarie locali citate da Business Insider.

Contro la variante indiana, considerata più trasmissibile fino al 50 percento di quella inglese, una singola dose di Pfizer e AstraZeneca è risultata efficace solo al 30 percento, tuttavia con la protezione completa è salita fino all’88 percento a due settimane dal richiamo. Tutti i vaccini approvati per l’uso di emergenza garantiscono una protezione elevatissima contro il ricovero in ospedale e la morte per COVID-19.

 

 

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