Emerge dai dati dell’agenzia statale PHE -Public Health England, secondo cui nel Paese si contano 3.424 casi legati alla variante, contro i 1.313 di giovedì 13 maggio. Secondo i dati raccolti, a far crescere i numeri sarebbe la cosiddetta variante indiana del Covid 19, la B1617.2, che potrebbe essere fra il 10% e il 50% più trasmissibile del ceppo “inglese” del coronavirus.
Una “fiammata” di contagi che preoccupa, e che ha indotto le autorità britanniche a spingere ancora sulla campagna di vaccinazione, una delle più avanzate d’Europa, con circa 60 milioni di dosi già inoculate: i dati aggiornati al 23 maggio vedono le prime dosi inoculate salite a 38 milioni, mentre le secondi dosi sono a quota 22,7 milioni, rispettivamente il 72% e il 43% dell’intera popolazione over 16.
Dal punto di vista della copertura, sempre secondo i primi studi in fase di pubblicazione, i vaccini avrebbero una efficacia buona ma inferiore rispetto ad altre varianti: in particolare per Pfiser e AstraZeneca, di cui si hanno gli studi, dopo una sola somministrazione l’efficacia contro la variante trovata in India sarebbe del 33,5% contro il 51,1% nel caso della variante inglese.
Il dato migliora sensibilmente con la seconda dose: i ricercatori riportano che il vaccino di Pfizer-BioNTech presenta un’efficacia circa dell’88% a a distanza di due settimane dopo la seconda dose. L’efficacia contro la variante inglese con lo stesso vaccino è del 93%. Mentre con Vaxzevria di AstraZeneca le percentuali sono un po’ più basse e pari al 60% nel caso della variante indiana e del 66% per quella inglese.