“Questo vuol dire che la campagna vaccinale sta dando i suoi frutti ma anche che è opportuno che le persone più giovani si vaccinino”. Un epidemia in regressione (Rt 0.72) quindi che coincide anche con la decrescita dei ricoveri in area medica.
La novità più interessante è però quella che riguarda la possibilità di riprendere il tracciamento sistematico dei casi positivi (ricordate Immuni, ndr), ancora più importante in relazione alle varianti. È infatti la capacità del virus di mutare a costituire il tallone d’achille della strategia anti Covid italiana.
“La cosa migliore è vivere alla giornata” spiege Gianni Rezza, direttore generale della prevenzione del ministero della Salute. “Siamo relativamente ottimisti, abbiamo di fronte la stagione estiva ma con i virus nuovi non si possono fare previsioni. Abbiamo visto però che durante la stagione estiva i virus respiratori tendono a ridursi perché facciamo più vita all’aperto. Aumentando anche la proporzione delle persone che si vaccinano e immunizzando i giovani, dovremmo dare una botta maggiore a questo virus e affrontare l’autunno in modo migliore rispetto allo scorso anno”.
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Ma se la battaglia con il coronavirus è forse arrivata al punto di svolta, quello che preoccupa gli scienziati e quanto successo in Africa, Brasile e India. “Dobbiamo sperare che i Paesi a basso reddito riescano a vaccinare – argomenta Rezza – dobbiamo quindi fare in modo che ci siano i vaccini per evitare lo sviluppo delle varianti”.
Il vecchio problema delle nuove varianti
Se è vero che dal 3 giugno sarà aperta la campagna vaccinale a tutte le classi di età (fino ai 12enni grazie all’autorizzazione in arrivo lunedì dall’Aifa, ndr) e si arriverà così a vaccinare in massa i 20-40enne che spesso inconsapevolmente trasmettono l’infezione, l’idea però di un’immunità di gregge o di comunità sarà solo sfiorata. “Non è pensabile – spiega Rezza – perché il virus diventerà endemico e circolano già ora diverse varianti, tra cui l’inglese che è più infettiva ma anche la brasiliana che sta crescendo”. C’è inoltre una circolazione a bassa intensità della variante indiana e di quella nigeriana, che si mantiene al di sotto dell’1%.
Ma c’è da preoccuparsi della diffusione di queste varianti? Secondo gli studi la variante indiana – attualmente poco diffusa in Italia – mostra una trasmissibilità più elevata rispetto a quella inglese ma non sembra diminuire l’efficacia dei vaccini disponibili. La variante invece che forse può avere una riduzione dell’effetto dei vaccini è quella sudafricana, che per fortuna ancora in Italia circola poco.
Secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità nell’88% dei casi la positività riscontrata è alla variante inglese, mentre la brasiliana è in lieve aumento al 7,3%. Fondamentale quindi – mentre il Paese corre veloce verso le riaperture – mantenere il tracciamento dei casi positivi per intercettare subito i nuovi focolai.
Un impegno non da poco visto che in Italia stanno tornando anche i turisti – non solo europei che possono circolare grazie al green pass – ma anche quelli d’Oltreoceano.
I primi 300 turisti e viaggiatori statunitensi sono atterrati in queste ore a Roma con i voli Covid Tested da New York ed Atlanta, allo scalo di Fiumicino. Ma a breve voli analoghi porteranno in Italia passeggeri in arrivo dagli Emirati Arabi, dal Canada mentre Alitalia tornerà a servire Tokyo.
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