Sanzioni e pandemia hanno soffocato l’economia del paese islamico. Da quando gli Stati Uniti sono usciti dall’accordo sul nucleare, la moneta iraniana il rial è precipitato, e il rapporto con il dollaro ha avuto un crollo senza freni.
L’inflazione ha poi trovato un alleato perfetto nella pandemia. Il Covid ha provocato circa 80mila morti, e continua a produrre in media 10mila casi quotidiani.
La scelta della guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha chiamato ieri alle urne 60 milioni di abitanti.
I seggi sono stati aperti fino alla mezzanotte iraniana, e nel pomeriggio di oggi si scoprirà ufficialmente l’esito delle scelte del popolo islamico.
I dati di affluenza a Teheran sono bassi, da parte della popolazione c’è una forte astensione e dissenso.
Gli ultimi tre candidati rimasti in lizza sono il conservatore Ebrahim Rais, l’ex comandante dei Pasdaran Mohsen Rezai, anche lui conservatore, e il moderato Abdolnaser Hemmati, governatore della Banca centrale.
L’astensione dovrebbe favorire il fondamentalista Rais, ma parte del popolo continua a credere nell’importanza dell’esercizio del voto per contrastare la sua politica.
Il presidente uscente Hassan Rohani non ha annunciato il nome, ma si è congratulato con colui che dovrebbe avere la meglio già al primo turno.
I sostenitori di Hemmati hanno avuto discussioni con quelli del conservatore, davanti ai seggi della moschea di Hosseinieh Ershad sulla Via Shariati.
Questa tornata elettorale, con lo spettro del boicottaggio di massa, sembra abbia battuto il record negativo di presenza alle urne, anche rispetto il 2020, con un’affluenza sotto il 42 %.
Verrà eletto al primo turno il candidato con la maggioranza assoluta delle preferenze, altrimenti si andrà al ballottaggio il 25 giugno.
Oggi saranno scelti anche i consigli comunali, i deputati per i seggi mancanti, e 6 membri dell’Assemblea degli Esperti.
La bassissima adesione ha prolungato di 2 ore l’apertura dei seggi, ma l’appello al voto della Guida Suprema non ha suscitato la reazione aspettata.
Olindo Nuzzo