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Variante Indiana, dopo il Regno Unito anche il Portogallo inizia a preoccupare

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Nel fine settimana, il ministero della Salute ha annunciato che sarà organizzata una nuova “indagine rapida” per valutare la diffusione delle varianti del coronavirus in Italia. La decisione è derivata dalla necessità di comprendere meglio quali possano essere i nuovi fattori di rischio legati all’epidemia, soprattutto per quanto riguarda la variante delta (quella che veniva chiamata variante indiana), molto presente nel Regno Unito e che ha iniziato a diffondersi in diversi paesi europei.

La variante delta del coronavirus è osservata con grande attenzione perché – dalle analisi svolte finora – tende a far raddoppiare il rischio di ricovero in ospedale per COVID-19 rispetto alla variante alfa (la variante inglese), a lungo rimasta la prevalente. La stima è basata sull’andamento dell’epidemia nel Regno Unito che nelle ultime settimane ha fatto rilevare un nuovo peggioramento, inducendo il governo a rinviare di un mese la fase finale del suo piano di rimozione delle limitazioni introdotte per ridurre la diffusione del coronavirus.

Stando ai dati forniti da GISAID, l’iniziativa internazionale che tiene traccia della diffusione dei virus influenzali e ora anche del coronavirus, la variante delta è diventata prevalente non solo nel Regno Unito, ma anche in Portogallo dove è stata riscontrata nel 96 per cento dei campioni analizzati. Il paese riesce a effettuare il sequenziamento, cioè l’analisi necessaria per capire di che variante si tratti, di circa il 5 per cento dei tamponi molecolari che vengono effettuati per confermare i nuovi casi da coronavirus.

“Sequenziare” significa analizzare un campione per rilevare le caratteristiche del materiale genetico del coronavirus. È un passaggio successivo a quello del test molecolare, che nella sua forma base si limita a rilevare la presenza del materiale genetico del virus, ma senza analizzarne le caratteristiche. Nel Regno Unito questa attività viene svolta soprattutto grazie al COVID-19 Genomics UK Consortium (COG-UG), una collaborazione tra le principali università del paese e centri di ricerca, finanziato con 20 milioni di sterline (quasi 23 milioni di euro) con fondi pubblici e risorse fornite dalla fondazione Wellcome Trust.

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