Nelle Messe domenicali, vestiti da chierichetti, con il collettino ricamato, dovevamo far tintinnare i campanellini a quattro toni anche se non capivamo perché, a seguito di quel suono, si zittivano perfino le devote che, in prima fila, recitavano le litanie in latino mentre, a sentirle in piazza, non parlavano neppure l’italiano. La vita della Comunità, a quel tempo, era solo un ‘copia e incolla’ di usi, consuetudini e signorsì.
Per fortuna, le cose sono cambiate di molto. All’inizio, per un certo periodo, il diffondersi delle conoscenze rese tutti più coinvolti, più consapevoli, grazie anche al contributo del mitico ‘maestro elementare Manzi’, in tv. Dopo, il tempo è andato via veloce e quelli che avevano fatto grandi passi in avanti sono diventati reperti archeologici a seguito del passaggio all’intelligenza artificiale e alla manualità robotizzata gestite da marchingegni elettronici ‘comprensibili solo a chi li comprende’. Peraltro, la gran parte delle cose della vita quotidiana si usa, ma non si capisce. In gioventù, eravamo abituati a smontare il trenino per arrivare a trovare il motorino a molla che lo faceva muovere. Volevamo capire. Proviamo, oggi, a smontare un computer!
Epperò, la tecnologia ci ha reso più efficienti e più performanti, ci dicono, senza tuttavia precisare che siamo diventati tutti pure più ignoranti e più sottomessi, buoni solo ad eseguire le istruzioni di un manuale.
Di più. L’accettazione di una sfrenata globalizzazione non solo ha portato ad acquistare gli stessi mobili per il soggiorno e la camera da letto, oppure a vestire secondo la stessa moda e a mangiare gli stessi prodotti, ma ha indotto ad avere gli stessi pensieri, le stesse idee, le stesse ambizioni. Siamo diventati degli ‘avatar’, personaggi di realtà virtuali che replicano menti e comportamenti.
E’ innegabile, comunque, che questa modalità di sviluppo ‘materiale’ è davvero fonte di vantaggi nella misura in cui facilita la vita e agevola la diffusione, ovunque, di un livello soddisfacente di benessere in favore di una popolazione enormemente cresciuta, forse anche al di sopra del livello sopportabile da parte di una piccola palla che gira incredibilmente nel vuoto.
Ben diversa è, all’opposto, ed è da guardare con molta preoccupazione, la modalità del collaterale sviluppo ‘mentale’ che mira a uniformare la razionalità per incidere sulla volontà e sulla libera determinazione.
E, si sa, questo è possibile con la gestione dei mezzi di informazione. Ovviamente, non sono i mezzi, il pericolo, ma lo sono le informazioni pubblicate per depistare, distogliere, distorcere.
Per il vero, questo sistema esiste dai tempi del ‘cucco’, giacché l’esercizio del potere è sempre stato accompagnato dalla occupazione dei centri di diffusione delle notizie. Magari, scrivendo sulla pietra, sulla cera o su un papiro era più difficile, mentre oggi per ‘lavare un cervello’ basta uno spot in tv o sui social.
Chi è più avanti di età, non può disconoscere che le esperienze ‘primitive’ di libertà vissute dopo la guerra, in presenza di necessità enormi e vitali, favorirono nelle nostre zone il diffondersi di un ‘modo di pensare’, se mai superato del tutto, di cui si stanno pagando le conseguenze. Forse, dovremmo approfondire l’origine del termine ‘Suddito’ per capire se possa essere una evoluzione del prefisso ‘Sud’. “E’ ben difficile, che lo sia”, direbbe il prof. Sabatini della ‘Crusca’. Ma, la suggestione c’è tutta.
I tempi post-pandemia stanno manifestando le stesse criticità del dopo-guerra. Un crescente numero di famiglie sconta le conseguenze della crisi delle attività produttive, mentre un numero egualmente crescente di giovani è in cerca di occasioni di miglioramento economico e sociale. Con una differenza sostanziale, però. A quel tempo, le attività richiedevano solo buona volontà e attitudine al lavoro manuale mentre, oggi, la tecnologia 4.0 impone livelli di preparazione o aggiornamento difficilmente reperibili o, addirittura, inesistenti.
A fine 2019, degli oltre 90mila cittadini di Salerno di età compresa tra i 9 e i 65 anni, il 40,1% era dotato – massimo – della licenza media, mentre almeno il 16,7% di età fino a 29 anni era colpito da dispersione scolastica, con punte fino al 20% considerando la dispersione implicita, cioè giovani con diploma di secondo grado e cultura da diploma di primo (fonte: Openpolis/Tecnè). C’è il rischio concreto di vedere lunghi elenchi con i nomi di chi si metterà in fila per lavori non professionali, umili e sottopagati. Ammesso che possa esserci la disponibilità a farli per pochi spiccioli.
Il problema è certamente grave per la possibile subalternità lavorativa. Ma, è ancora più grave, anzi gravissimo, per la sicura sudditanza culturale che esporrà al rischio di essere soggiogati da volontà predominanti ovvero ingolositi da promesse fuorvianti.
E’ un dovere di tutti evitare che questo accada, sia predisponendo una progettualità di rinascita economica incentrata su comparti a maggiore assorbimento di mano d’opera, benché tecnologici, sia puntando sulla formazione continua specialistica, laddove possibile, sia incentivando l’autoimprenditorialità dopo aver individuato e valorizzato i talenti, le attitudini, le capacità. Il ‘Mentoring’ è un metodo molto efficace, per questo, Peccato che qualcuno lo consideri un ‘buco con la menta intorno’.
Non è difficile farlo. E deve essere fatto, se vogliamo creare una Comunità emancipata, trasparente e giusta, costituita da cittadini dotati di spirito critico, di autonomia relazionale e, quindi, davvero liberi.
Per questa finalità, bisogna intervenire da subito nei confronti dei giovani offrendo percorsi educativi, anche integrativi, idonei ad evitare che possano essere costretti a suonare i campanellini seguendo, senza dignità, il segnale di chi comanda, magari rispondendo anche ‘signorsì’. Lo abbiamo fatto, ma erano tempi e situazioni ben diverse.
I nostri giovani debbono sentire l’orgoglio di essere figli del ‘Sud’, non provare la vergogna di essere ‘Sud-diti’.
Questa Città ha bisogno di amore. E, i giovani, anche di più.
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