«E’ difficile dare un giudizio schierandosi da una parte o dall’altra. Credo ci siano delle interpretazioni sia sul piano sportivo che giuridico, che non sono tutte da una parte o dall’altra. E non so in questa situazione quanto abbia giocato la diatriba personale. O quanto invece ci sia solo quella miopia di cui parlavo. Certo è che se io so che in Serie A non posso avere una seconda squadra, nel momento in cui sto lottando e mi sto organizzando per venire in Serie A, devo avere già le carte in ordine per una eventuale cessione. La stessa cosa che capiterà al Bari di mio figlio: se ricominci da un fallimento, dalla serie D, tu puoi avere due società. Nel momento in cui entri nel professionistico in C, io mi son dovuto tirare fuori. Se si va in A, c’è la diatriba sulla parentela che diventa un limite. Ricorsi alla Corte d’Europa o al Tar, finora non ci sono stati. Sono quelle situazioni dove per il quieto vivere del calcio, per dare un buon esempio, in maniera serena ed educata, si dovrebbe sedere ad un tavolo e risolvere»