Nell’aula bunker del Tribunale di Salerno, davanti alla presidente Cappiello e a latere Ianniello e Clemente, la parola oggi agli avvocati Agostino De Caro e Lorenzo Lentini in difesa di Eugenio Rainone, amministratore unico di Crescent Srl. La richiesta è stata di confermare la sentenza di primo grado e dichiarare inammissibili o rigettare gli atti di appello proposti dalle costituite parti civili.
Diversi i punti toccati dagli avvocati Decaro e Lentini a partire dal concetto giuridico che le decisioni amministrative siano“tendenzialmente vincolanti” nel senso che il giudice penale ha il compito di vagliare e valutare gli elementi di prova relativi alle condotte contestate nel processo penale, mentre non gli è consentito procedere ad una diversa lettura delle questioni di legittimità già scrutinate e risolte dal giudice amministrativo.
In merito alle accuse rivolte ai Rainone di aver realizzato i lavori dell’edificio “Crescent” in sostanziale assenza delle autorizzazioni paesaggistiche, gli avvocati hanno ricordato che l’impianto accusatorio è infondato sotto un duplice aspetto: l’intervento pubblico di riqualificazione urbanistica è stato deliberato dal Consiglio Comunale (e non dalla Giunta) e, pertanto, ritenuto di notevole interesse collettivo dall’intera maggioranza comunale.
E’ priva di fondamento e solo suggestiva la considerazione della pubblica accusa secondo cui il non aver mosso alcuna contestazione ai consiglieri comunali non esclude la responsabilità degli altri concorrenti nel reato di abuso di ufficio.
Il ragionamento è, invece, completamente diverso: se la scelta di procedere ad una riqualificazione urbanistica trova le sue radici in un’espressa volontà del Consiglio Comunale e, ancor prima, nel programma politico/riqualificativo posto a fondamento della campagna elettorale, è impensabile che tutti i consiglieri – nell’anno 2006 – abbiano concordato una illecita condotta per apportare un vantaggio patrimoniale allo sconosciuto privato attuatore che subentrerà solo successivamente e dopo un lungo contenzioso con chi si aggiudicò in una prima fase l’appalto, ovvero la Cogefer.
Ed anche questo per i legali ha dell’assurdo perché il Comune, oggi accusato di collusione con i Rainone, ha invece aggiudicato provvisoriamente la gara ad altri
“Si può credere a tutto, anche alle favole. Ma le richieste di condanna, in uno stato di diritto, dovrebbero fondare su dati oggettivi e non sulle suggestioni” ha detto Decaro.
In secondo luogo, il difetto di motivazione delle autorizzazioni non ha comportato, dopo la riedizione degli atti secondo le puntuali indicazioni del Consiglio di Stato, alcuna notevole ridimenzionamento dell’edificio privato: solo lievi e insignificanti sono, infatti, le prescrizioni imposte. Pertanto, la presunta condotta illecita dei dirigenti pubblici (Comune e Soprintendenza) non ha (ne avrebbe potuto) avvantaggiare l’esecutore dell’edificio Crescent.
Non ultimo i legali hanno ricordato che l’attività edilizia iniziava (e si protraeva fino al momento del sequestro penale) allorquando le autorizzazioni paesaggistiche erano efficaci. I lavori sono ripresi solo dopo la riemissione dei provvedimenti amministrativi, a seguito del dissequestro.
Le prime autorizzazioni, pertanto, erano esistenti ed efficaci: non si è operato in assenza di autorizzazioni, ma in presenza di autorizzazioni – poi dichiarate invalide per difetto di motivazione – ma comunque compatibili paesaggisticamente (tanto da essere riemesse successivamente).
Chiedere la condanna di Eugenio Rainone è un’esasperazione ha detto l’avvocato Decaro chiarendo ancora una volta che non c’è stato nessun vantaggio sui tempi, ci sono voluti infatti tre anni solo per la fase istruttoria, e anche che non c’era nessun rapporto privilegiato con l’allora sindaco Vincenzo De Luca ( imputato con tutta la giunta comunale) profilato dall’accusa nel contributo di diecimila euro a favore della Salernitana calcio ( come imprenditore lo aveva già fatto e spesso anche per altre squadre) ed i rapporti con Ifil, la società di Mario Del Mese, alla quale i Rainone, pagando una parcella congrua aveva chiesto una consulenza per una gara d’appalto per il ripascimento.
Infine la lottizzazione abusiva: per la difesa la richiesta di confisca è infondata, illegittima ed immotivata. Se pur la Corte di Appello di Salerno volesse superare tutte le argomentazioni spese nella sentenza di primo grado, dai difensori e, soprattutto, dai consulenti di parte, ritenendo per assurdo sussistente il reato di lottizzazione abusiva, non potrebbe, in alcun modo, confiscare il bene.
Infatti, a prescindere dal fatto “accertato”, sia dal giudice penale che amministrativo, (correttezza e liceità della procedura originaria e legittimità dei permessi rilasciati conformemente agli strumenti urbanistici) il procedimento è stato posto in essere ex novo e sempre in conformità agli strumenti vigenti.
Tale procedura non è mai stata contestata dall’organo inquirente perché ritenuta legittima e coerente con le disposizioni normative regolamentari vigenti. Non è possibile procedere alla confisca del bene allorquando la conformità delle opere agli strumenti urbanistici sia accertata ex post.
A valle delle sopraevenienze come ha spiegato l’avvocato Lentini mostrando un grafico in cui ha fissato il primo progetto del Crescent e quello successivo nessun atto è stato contestato. “La confisca non è possibile perché siete privi di potestas iudicandi” ha detto Lentini al collegio giudicante della Corte d’Appello, ricordando che già il dissequestro aveva superato i profili della confisca.