In Francia in poco tempo il Green pass è diventato un requisito essenziale, oltre per i ristoranti al chiuso e all’aperto, anche per entrare nelle sale cinematografiche e prendere un treno o un aereo. In Portogallo serve per soggiornare in un qualsiasi hotel, così come in Irlanda. In Olanda, invece, è necessario solo per i grandi eventi.
In Grecia i ristoranti si dividono in tre categorie: quelli che ammettono solo persone con certificato di vaccinazione, quelli che accettano anche un test negativo e quelli che garantiscono che tutti i dipendenti siano stati vaccinati. In Romania il pass amplia le possibilità per accedere alle palestre ed ai luoghi culturali, in Croazia condiziona il numero degli invitati a matrimoni.
In Danimarca (che è stata tra i primi Paesi ad adottare il Green pass, anche per andare dal parrucchiere) è impossibile assistere a una partita di calcio con più di 2mila spettatori senza. Malta richiede il certificato per entrare nel Paese, in alternativa alla quarantena. Nelle Repubbliche baltiche (Estonia, Lituania e Lettonia) chi non ha il pass cena fuori, con rigide regole di distanziamento e limiti al numero dei commensali.
La Germania, invece, ha lasciato alle singole regioni la discrezionalità sul suo utilizzo. Ad esempio, a Berlino il certificato è necessario per andare in palestra o cenare al chiuso, ma in altri Stati federati non ci sono obblighi di questo tipo. In Austria il Green pass è obbligatorio per accedere a musei, ristoranti, luoghi di cultura, hotel, impianti sportivi e centri benessere.
Il Green pass è attivo anche fuori dall’Ue, in Svizzera, Norvegia, Islanda e Vaticano. Mentre in Israele il suo utilizzo è stato appena esteso, a causa della continua crescita dei contagi. E l’Ue punta a farlo diventare uno standard internazionale, trovando un modo per riuscire a far comunicare tra loro le tecnologie adottate in altri Paesi e continenti.