“You stay where you were” è lo slogan adottato dal Governo socialista come monito ai quasi 100 milioni di vietnamiti che da settimane cercano di sopravvivere al virus. Eppure il Paese era stato uno dei più virtuosi durante le prime ondate di Covid-19 nel 2020: confini chiusi, tracciamento capillare, celerità nell’individuare ed isolare i focolai, una popolazione non troppo abituata ad ascoltare i dettami del Governo si era riscoperta unita e solidale contro il male invisibile. Ma gli sforzi non sono bastati. Nel mese di giugno, con una popolazione non vaccinata, il livello dei positivi aveva raggiunto soglie preoccupanti, tanto da introdurre le prime importanti restrizioni come la chiusura dei ristoranti e dei luoghi di ritrovo. La città ha iniziato a spopolarsi, sia per l’inizio delle campagne vaccinali in Occidente che hanno richiamato i lavoratori internazionali, ma soprattutto per i lavoratori non residenti delle campagne, che si sono ritrovati privi di un’occupazione e senza sostegni finanziari – il welfare state è quasi inesistente.
“Le restrizioni prima e il lockdown poi hanno creato uno strato di nuovi poveri in città, spesso stipati all’interno delle shanty town, alloggi temporanei per i lavoratori del Delta del Mekong o della campagne, trasformatesi in prigioni per il blocco”, afferma Giulia Cuini, dottoranda al Politecnico di Hong Kong, in Vietnam da alcuni anni per la sua ricerca. “Mi è capitato di vedere bambini con anziani, senza adulti, girare per gli alloggi di fortuna sulla riva del fiume che attraversa la città; probabilmente separati dai genitori quando tutto si è fermato”. Il lockdown “militare” ha visto, oltre che la chiusura delle vie cittadine con transenne e posti di blocco, l’arrivo di circa 2300 militari in rinforzo alle forze dell’ordine. “Credo che l’immagine del giovane soldato davanti ad uno scaffale di assorbenti sia l’emblema di ciò che è avvenuto nelle scorse settimane, e sta ancora avvenendo – spiega la ricercatrice –. In teoria la città è stata divisa in diversi distretti, rosso, giallo, verde, ma in pratica muoversi è difficile anche nei distretti considerati meno a rischio perché la viabilità cittadina fatta di piccole vie rende il distanziamento impraticabile”