Lo studio, pubblicato dalla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti, Pnas, mira a sensibilizzare le autorità’ sanitarie pubbliche su questo specifico rischio di infezione. “Rischio che, secondo gli autori – si legge nella nota – è sottovalutato dalle attuali linee guida dei diversi istituti internazionali e nazionali preposti alla sanità'”.
Secondo la ricerca, infatti, i modelli attualmente utilizzati “assegnano un alto rischio di contagio solo alle gocce grandi, ipotizzando che quelle piccole evaporino velocemente e presto scompaiano”.
Invece, per gli autori dello studio, l’effetto delle gocce piccole “è amplificato dall’elevata umidità invernale che rallenta ulteriormente l’evaporazione delle gocce e quindi aumenta il rischio di diffusione del contagio”.
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