A fare il punto è Andrea Crisanti, direttore Dipartimento di Microbiologia Molecolare Università di Padova, in un intervento a “24Mattino” su Radio 24, in cui ha spiegato nel dettaglio il perché di questa discrepanza: “In genere bisogna prendere il numero di decessi, dividerlo per due e moltiplicarlo per 1000. Quindi avendo tra i 30 e 40 decessi avremmo tra i 15mila e i 20 mila contagiati in Italia”.
Secondo Crisanti i numeri dei contagi da Covid-19 in Italia sono dunque diversi da quelli contabilizzati formalmente. “Oggi in Italia abbiamo 30-40 decessi al giorno e un numero “ridicolo” di infezioni – ha ribadito -. Evidentemente c’è una discrepanza ingiustificabile perché in tutti gli altri Paesi d’Europa e del mondo c’è un rapporto di uno a mille rispetto ai numeri dei casi e dei decessi, quindi dovremmo avere anche noi un numero molto più alto di contagi e non si capisce la situazione”.
“Si può avere la tendenza a pensare che con un numero basso di casi sia tutto finito – ha aggiunto – invece così non è. Quello che conta è chi fa i tamponi: se nel computo mettiamo tutti coloro che fanno il tampone perché devono andare a lavorare, per lasciapassare sociale, è chiaro che le incidenze sono bassissime. Invece se i tamponi vengono usati ad esempio per la sorveglianza nelle classi, il risultato è completamente diverso”.
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