La malattia da nuovo coronavirus potrebbe effettivamente diventare un’infezione stagionale. Ad avvalorare questa ipotesi uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Computational Science, condotto dagli scienziati del Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal). Il team, guidato da Xavier Rodò, ha dapprima analizzato l’associazione tra temperatura e umidità nella fase iniziale della diffusione della pandemia in 162 paesi, prima che venissero adottate le misure di mitigazione. Dai risultati del gruppo di ricerca emerge una relazione negativa tra la velocità di trasmissione e i parametri di temperatura e umidità su scala globale. Velocità di trasmissione più elevate sono state infatti associate a temperature e umidità inferiori. “Ci sono diversi fattori che potrebbero spiegare questi dati – afferma Alejandro Fontal, di ISGlobal – ad esempio raduni e assembramenti che avvengono più facilmente con la bella stagione, così come le visite dei turisti e l’uso di aria condizionata”. Gli effetti climatici, riportano gli scienziati, sono stati più evidenti a temperature comprese tra 12 e 18 C e umidità tra 4 e 12 g/m3, ma gli studiosi precisano che si tratta di intervalli ancora indicativi. Sarà pertanto necessario condurre ulteriori indagini per ottenere informazioni più precise. “Complessivamente – sostiene Rodò – i nostri risultati supportano la visione di Covid-19 come una infezione stagionale, simile all’influenza e ad altri coronavirus circolanti. La stagionalità potrebbe contribuire in modo importante alla trasmissione di SARS-CoV-2, dato che le condizioni di bassa umidità sono associate a dimensioni più piccole di aerosol e quindi potrebbero aumentare la probabilità di trasmissione aerea di agenti patogeni”.