“Mettevamo i malati e i morti, i deboli e i vulnerabili, in una quarantena invisibile”. Ora invece “siamo come costretti a tenere fuori tutti: e ci ricordiamo improvvisamente di essere mortali, solo perché respiriamo”, afferma. Dopo l’emergenza è impossibile evitare una “convivenza umana che apprezza con stupore la bellezza della cura per la comunità”, ragiona il monsignore. “Alla fine resterà in piedi un solo grande tema: la fraternità universale”.