I risultati delle scorse elezioni amministrative hanno dato ragione a quei miei timori. Vi è stata la dimostrazione evidente che il centro-destra ha smarrito ogni forza attrattiva nei confronti del “centro”, che, in particolare a Salerno, ha preferito allearsi con il centro-sinistra.
Non solo, ma lo scolorimento della tradizionale identità liberale e moderata del centro destra ha favorito l’ astensione dal voto, che ormai caratterizza il pericoloso tramonto della democrazia rappresentativa.
E’ inutile precisare che le formule politiche innanzi utilizzate conservano un valore meramente descrittivo, in ragione del mutamento “sociologico” e, conseguentemente, di “strategia”, che ormai caratterizza l’evoluzione o, meglio, l’involuzione della politica nazionale e finanche locale.
Nel contesto salernitano, la imposizione di un candidato sindaco, che è apparso da subito non inclusivo, da parte di “Fratelli d’Italia”, e la contemporanea presenza di altro candidato sindaco, la cui esperienza potrebbe riportarsi alle posizioni del centro-destra locale, hanno depotenziato la spinta che avrebbe consentito agli elettori di percepire una certezza di unità di intenti e di comuni prospettive programmatiche.
In sostanza, a fronte dei risultati raggiunti dalle passate amministrazioni comunali, che, se pure in parte contestabili, hanno comunque contribuito a delineare un “disegno di citta”, non è stato opposto un valido progetto alternativo.
Né quest’ultimo avrebbe potuto rinvenirsi nel confuso programma delle “altre opposizioni”: la prima stretta nella soffocante morsa dei Cinque Stelle, nonostante la iniziale predicata natura di “formazione civica”; le altre inutilmente oppositive nel più completo vuoto progettuale. Gli elettori che si sono recati alle urne hanno preferito, allora, scegliere la “certezza” dell’esistente, piuttosto che l’ “incertezza” delle prospettive future.
Anche perché una solida opposizione, che davvero (e non a parole) intenda assumere la responsabilità dell’amministrazione, non può certamente essere costruita nell’immediato approssimarsi dell’appuntamento elettorale, avendo bisogno di necessaria sedimentazione e di opportune condivisioni nel corpo elettorale.
Ciò non vuole affatto tradursi in una acritica accondiscendenza a pratiche di captazione del consenso elettorale, che, in qualche modo ma solo in parte, hanno inciso sul libero esercizio del “voto”.
Ma non si può spiegare esclusivamente in questi termini la pesante sconfitta delle formazioni cc.dd. alternative, le quali, invece, sono rimaste vittime di un puro antagonismo in assenza di un disegno concreto e condiviso. Ci vuole di più !! bisogna scommettere sulle tante energie nascoste di una società che appare addormentata nell’incubo del conformismo e, in parte, nell’attrazione del “più forte”.
E’ possibile, allora, anche nelle condizioni date, uno scatto di ottimismo della volontà ? Ciò non può essere escluso, ma a condizione che i partiti del centro-destra, i loro inconsapevoli e distratti, e, a volte, interessati, “leaders” (si fa per dire !!) compiano un passo indietro, rinunciando ad imporre i loro candidati “di bandiera” , intendendo in tal modo premiare la cieca fedeltà piuttosto che le competenze, anche quelle amministrative.
Un processo che potrebbe comportare un’evoluzione positiva dello stesso centro-sinistra, spingendolo verso posizioni meno collegate a figure indubbiamente rappresentative, ma che, nei fatti, soffocano ogni prospettiva di confronto interno e di mutamento delle linee guida che, sino ad oggi, hanno ispirato l’azione amministrativa (ad esempio, l’opzione verso un’edilizia residenziale per “ricchi” o il degrado che caratterizza la gestione di beni e servizi pubblici, in relazione alla quale si è aperto il preoccupante squarcio degli inquirenti).
Resta questa l’unica scelta possibile, se non vuole l’opposizione crogiolarsi nel piacere del harakiri.
Giuseppe Fauceglia