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Covid, ecco le categorie per cui si pensa all’obbligo vaccinale: dalla Pa alla scuola

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Il governo continua a lavorare sulle misure per contenere la quarta ondata del Covid ed evitare che la situazione degeneri in vista del Natale. Tra le nuove regole allo studio ci sono la riduzione della durata del green pass, la terza dose e si riapre anche il dibattito sull’obbligo vaccinale

A confermare che il discorso sull’obbligo sia aperto è il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli: “L’Italia mantiene una delle situazioni più favorevoli in tutta Europa ma i dati destano attenzione e vanno valutati con tutte le tutele del caso”, sottolinea

Tra le misure che potrebbero essere attuate vanno “considerate forme di obbligo vaccinale per alcune categorie professionali, in particolare chi assiste o è a contatto con il pubblico”, mentre l’obbligo per tutti è “un’opzione estrema”

A rilanciare è Confindustria: “Non possiamo permetterci di bloccarci, l’unica cosa che ci può mettere al sicuro è l’obbligo vaccinale, un percorso su cui dobbiamo avere il coraggio di fare una riflessione seria” dice il presidente Carlo Bonomi che teme nuove chiusure

Le forme di obbligo vaccinale potrebbero entrare in vigore per alcune specifiche categorie professionali, in particolare per quelle che assistono o sono in contatto con il pubblico, ad esempio forze dell’ordine, dipendenti della pubblica amministrazione insegnanti

“Noi siamo stati i primi a introdurre l’obbligo vaccinale per i sanitari. Bisogna riflettere se farlo con altre categorie. Saranno valutazioni che dovremmo fare seguendo i dati, ma dobbiamo guardare al futuro con fiducia e dobbiamo continuare a rispettare le regole”, ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa

La proposta dell’obbligo spacca la maggioranza. Trova l’appoggio di Forza Italia e di Italia Viva con Ettore Rosato, che dichiara: “Dobbiamo iniziare a ragionare seriamente sulla questione”. Ma Matteo Salvini e la Lega continuano ad essere contrari

Al momento la linea tracciata da Palazzo Chigi è quella della massima attenzione all’evoluzione della curva epidemiologica. Le scelte fatte nei mesi scorsi e ora adottate anche da altri Paesi, a partire dal green pass nei posti di lavoro, hanno permesso di contenere la forza del virus

Per questo i provvedimenti per ora sul tavolo del Consiglio dei ministri, che li valuterà la prossima settimana dopo un parere del Cts, si limitano alla riduzione della validità del pass all’obbligo di terza dose per i sanitari

La durata del green pass scenderebbe da 12 a 9 mesi, anche se nella comunità scientifica c’è chi chiede che scenda a 6 mesi dato che è stato provato che dopo un semestre la copertura vaccinale e la protezione calano sensibilmente

La seconda riflessione che riguarda il green pass è la durata dei tamponi, dato l’alto numero di falsi negativi dati dai test rapidi. La comunità scientifica sta valutando la possibilità di ridurre quella degli antigenici da 48 a 24 ore e quella dei molecolari da 72 a 48 ore

Prima del Consiglio dei ministri il presidente del Consiglio Mario Draghi vedrà le Regioni, poiché i governatori premono per ottenere misure più drastiche per circoscrivere la diffusione del virus ed evitare le restrizioni dei cambi colore

Le Regioni hanno proposto una sorta di “super green pass”, sul modello del 2G tedesco e austriaco, e cioè ottenibile solo da chi è vaccinato o guarito. In questo modo solo loro potrebbero entrare in ristoranti, cinema e stadi

Questa proposta porterebbe a una limitazione per chi non è vaccinato, queste persone sarebbero escluse dalla vita sociale del Paese. Chi non si immunizza potrà fare il tampone per accedere ai servizi essenziali e per andare al lavoro 

Il problema riguarda i possibili cambi di zona e le restrizioni che già dalla prossima settimana potrebbero interessare più di un territorio. La sollecitazione è arrivata dal presidente della Calabria Roberto Occhiuto: “Non si può penalizzare l’85% degli italiani vaccinati” a causa dei cambi di colore

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