Elementi che non hanno sicuramente aiutato nel prevenire la diffusione della variante Omicron, che al momento rappresenta un quarto dei casi nella capitale Amsterdam. Secondo l’Rivm (Istituto nazionale per la salute pubblica olandese) la quantità di casi Omicron sul totale dei contagi nel Paese raddoppia ogni due o tre giorni. E molti esperti europei sostengono che la variante si stesse già diffondendo in Olanda ancora prima di essere identificata in Sudafrica. Nel Paese, a fine novembre, era stato individuato uno dei primi e più grandi cluster di variante Omicron, dovuto per lo più al volo con 600 passeggeri sbarcato nel Paese il 27 novembre e proveniente dal Sudafrica. Molti passeggeri erano sfuggiti ai controlli. Fatto che aveva portato a pensare che l’Olanda potesse essere uno dei paesi Ue in cui era più diffusa la variante.
Un lockdown non voluto
Il premier olandese Mark Rutte, due giorni fa, ha definito il lockdown “inevitabile, considerata la quinta ondata e il fatto che Omicron si diffonde ancora più velocemente di quanto temevamo”. “Dobbiamo intervenire ora per precauzione” ha detto durante la conferenza stampa in cui ha annunciato l’imminente chiusura. Il lockdown durerà almeno fino al 14 gennaio. Tutti i negozi, ristoranti, bar, cinema, musei e teatri non essenziali dovranno chiudere i battenti, mentre le scuole devono rimanere chiuse almeno fino al 9 gennaio. Sarà limitato anche il numero di ospiti che le persone potranno ricevere nelle loro case, ridotto da quattro a due, ad eccezione del giorno di Natale, il 25 dicembre. La decisione di Rutte è arrivata dopo il forte avvertimento dato dall’Rivm (Istituto nazionale per la salute pubblica olandese), il cui direttore Jaap van Dissel, già lo scorso 15 dicembre, aveva scritto una lettera aperta al Parlamento esprimendo tutta la preoccupazione del caso e chiedendo norme più severe. Il primo ministro però, nei giorni scorsi, ha deciso, come durante tutta la fase della pandemia, di “procedere con calma”. Voleva prima esaminare i risultati di un precedente semi-lockdown, stabilito già all’inizio di novembre e poi prorogato la settimana scorsa fino al 14 gennaio, che comprendeva a chiusura a partire dalle 17 e fino alle 5 del mattino di tutti i servizi non essenziali, ristoranti compresi. Rutte non aveva però tenuto conto dell’incombente pericolo di Omicron e del cluster creatosi nel suo Paese.
Il governo olandese insomma, anche negli ultimi mesi, ha cercato di evitare di adottare misure troppo rigide. Così come ha investito in ritardo sulla prima campagna di vaccinazione ed è in ritardo anche su quella della dose booster. Ecco perché su molti giornali internazionali ora si leggono titoli come “La ribelle Olanda entra in lockdown”, di laRepubblica, o ancora “L’ondata di Covid olandese alimentata dai modi liberali del governo”, di France24. Già a novembre i media criticavano fortemente le modalità di gestione della quarta ondata da parte del governo olandese. “L’Olanda è un caso: ospedali pieni come un anno fa (quando non c’era il vaccino)” scriveva Europa Today. Il giornale dava una parte delle colpe alla scelta del governo di eliminare del tutte le restrizioni all’inizio dell’estate, concedendo un sostanziale via libera al ritorno alla vita normale, “con l’abbandono da parte della stragrande maggioranza della popolazione di precauzioni minime come l’uso della mascherina nei luoghi affollati al chiuso”.
Il ritardo nelle terze dosi e l’allentamento delle misure di sicurezza
Una delle più grandi ragioni per cui i contagi stanno aumentando nei Paesi Bassi è sicuramente il ritardo nella somministrazione delle terze dosi. L’Economist, in un articolo dello scorso 11 dicembre, criticava fortemente la mancata attenzione del governo all’importanza della dose booster. “Gli olandesi non sono abituati ad essere classificati tra i peggiori d’Europa. Ma è proprio in fondo alla classifica che si trovano per quanto riguarda le vaccinazioni di richiamo contro il covid: il 4,1% della popolazione ha effettuato la dose aggiuntiva, appena dietro la Romania, che è al 5%. Hanno iniziato il 18 novembre, mesi dopo altri Paesi” si leggeva sul giornale. In effetti a settembre, mentre in Italia e negli altri Paesi d’Europa venivano somministrate le prime dosi di richiamo ai pazienti più fragili, in Olanda il premier Rutte affermava che “la dose booster non era necessaria perché le vaccinazioni complete di due dosi erano ancora efficaci”.
A quel tempo i contagi erano sull’ordine dei 2mila al giorno. E a settembre, oltre a non investire sulla campagna delle terze dosi, il premier Rutte aveva annunciato l’eliminazione delle misure di distanziamento a partire dal 25 dello stesso mese. Rimaneva l’obbligo di mascherina per i trasporti pubblici e le scuole. Il governo aveva poi semplicemente raccomandato i cittadini di lavorare casa, quando possibile. Per entrare invece in bar, ristoranti, club o eventi culturali, bisognava presentare il Corona Pass (simile al Green Pass italiano) – introdotto comunque con notevole ritardo rispetto a Francia e Italia – con la prova dell’avvenuta vaccinazione, della guarigione o della negatività al virus rilevata con un tampone nelle ultime 24ore.
I risultati dell’allentamento delle restrizioni si sono visti circa un mese e mezzo dopo. A novembre 2021 i dati epidemiologici erano pressoché identici a quelli del novembre del 2020. Con la differenza che la curva dei ricoveri stava cominciando a crescere in modo esponenziale. A metà novembre il Paese registrava circa 21mila contagi giornalieri da Covid. Con più di 2mila persone ricoverate, tra terapia intensiva e reparti ordinari. Da novembre i contagi non si sono mai fermati. E oggi l’Olanda naviga di nuovo verso i 20mila nuovi positivi al giorno.
Le decisioni mai realmente prese sulla pandemia
L’atteggiamento “poco allarmistico” e mancante di capacità decisionale dell’Olanda nei confronti della pandemia dura in realtà da tempo . “Non ragioniamo e lavoriamo così nei Paesi Bassi, dove il governo dice ‘devi fare questo, devi fare quello’”, aveva dichiarato Rutte nel marzo 2020. Era l’inizio della pandemia, la fase più difficile. I governi di tutti i Paesi stavano introducendo chiusure e isolamento totali per evitare un ulteriore aumento dei contagi. Il premier Rutte era stato l’unico in Europa a sostenere pubblicamente che era impossibile confinare i cittadini per fermare il virus. “La realtà è che gran parte del popolo olandese verrà contagiato nel prossimo futuro” aveva affermato il primo ministro, sottolineando che l’obiettivo di politica sanitaria dell’esecutivo era quello di “sviluppare l’immunità di gregge”. Secondo il ministro della Salute olandese Bruno Bruins, il confinamento della popolazione era inutile perché “una volta abbandonata la misura, era grande il rischio di far rinascere l’epidemia”. Le parole del premier Rutte sull’immunità di gregge arrivavano dopo che anche il premier britannico Boris Johnson aveva deciso di fare marcia indietro sull’immunità, convinto dalle decine di migliaia di morti solo nel Regno Unito. E per questo avevano messo in allerta i Paesi confinanti. Dal marzo 2020 l’atteggiamento del governo olandese non è in realtà cambiato. Incapace di prendere una decisione risolutiva il governo ha sempre cercato prima le soluzioni che potevano fare meno male alla popolazione, per poi trovarsi obbligato ad adottare misure più severe. “Il governo olandese, sempre più impopolare, è entrato in un circolo vizioso, in cui prima revoca le restrizioni troppo rapidamente e poi le reintroduce” ha scritto France24 in un articolo dello scorso 3 dicembre.
Così è accaduto anche con la campagna vaccinale. L’Olanda ha iniziato a vaccinare con la prima dose in ritardo rispetto a Francia, Italia, Germania e Spagna. Il governo olandese infatti non è stato in grado di organizzare, per tempo, la conservazione del vaccino Pfizer-BioNTech, il primo autorizzato dalla Commissione Ue. Il siero deve essere infatti conservato a a -70 °C. Il premier Rutte aveva fatto sapere allora che il Paese si era trovato impreparato perché aveva dato per scontato che il primo vaccino a ricevere l’autorizzazione dall’Ue sarebbe stato quello di AstraZeneca, sviluppato con l’Università di Oxford. Invece non è stato così. La campagna vaccinale comunque è poi proseguita. A settembre il tasso di vaccinazione completa era simile a quello italiano, e aveva superato il 62%.
Ma c’è ancora un motivo alla base dell’aumento dei contagi e il conseguente lockdown in Olanda. Ed è l’atteggiamento “liberale” degli stessi cittadini olandesi. “Gli olandesi amano la loro autonomia. Il libero arbitrio è nella natura del paese” spiegava a France24 Mark Bonten, epidemiologo e consigliere del governo olandese. La popolazione del Paese, soprattutto negli ultimi mesi, ha smesso di portare la mascherina. Le città, da ieri vuote a causa del lockdown, fino a pochi minuti prima dell’annuncio di Rutte brulicavano di persone senza mascherina, nonostante i fitti assembramenti. La popolazione olandese non ha accettato di buon grado neanche il mini-lockdown imposto a novembre dal governo. Numerose proteste si sono registrate in varie città del Paese, Rotterdam, Amsterdam, ma anche L’Aia, con poliziotti feriti e decine di arresti. Ecco perché, probabilmente, il governo, in alcuni casi, si è trovato costretto a limitare le decisioni troppo severe.
Ora, così come in questi due anni, l’Olanda naviga da sola e sceglie di fare, questa volta, un passo in più rispetto agli altri Paesi. Adesso però l’obiettivo deve essere quello di far camminare accanto campagna vaccinale per la terza dose e rispetto delle misure di sicurezza. Solo così si può pensare di limitare la diffusione della variante Omicron, che sta mettendo a dura prova non solo i Paesi Bassi, ma tutta l’Europa.