“La variante Omicron potrebbe essere un virus del tutto nuovo rispetto alle altre versioni del SarsCoV2 che abbiamo conosciuto finora”, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca
“Dei tanti studi sulla variante Omicron pubblicati finora, i due più solidi – osserva – dimostrano che le mutazioni presenti sulla proteina S favoriscono la trasmissibilità grazie al legame più forte della proteina al recettore Ace delle cellule, ma che di fatto questa maggiore capacità di trasmettersi viene bilanciata da una ridotta infezione”
L’esperto si riferisce alle ricerche, entrambe in attesa di revisione della comunità scientifica, condotte dal consorzio giapponese Genotype to Phenotype (G2P-Japan) e dall’Università di Cambridge
“Entrambi gli studi indicano che una maggiore trasmissibilità non significa necessariamente una maggiore infezione: nel caso della Omicron questo significa che fra la sua proteina Spike e il recettore Ace delle cellule c’è un’attrazione forte come quella di una calamita, ma poi – prosegue l’esperto – il recettore della cellula che dovrebbe favorire il processo di fusione ha una scarsa efficienza”
In sostanza, prosegue, “il virus cerca di entrare nella cellula come se aprisse una porta: inserisce la chiave, la gira e spinge la porta. Con la variante Omicron ci troviamo di fronte a un virus bravissimo a inserire la chiave, ma riesce a girarla solo qualche volta”
Per l’esperto inoltre, “a differenza della Delta, la Omicron non è sinciziogena, ossia una cellula non si fonde con quelle adiacenti sane”. Di una minore virulenza ha parlato anche il ministro della Sanità britannico, Sajid Javid, per il quale dopo la terza dose di vaccino i rischi di ricovero sono inferiori del 90% rispetto alla variante Delta
Per il virologo Broccolo è molto probabile che “la Omicron stia trovando la sua nicchia ecologica e che stia progressivamente sostituendo la Delta, ma in Italia abbiamo ancora circa il 60% di casi di Covid da Delta e il 40% circa Omicron”
“Essere vaccinati da oltre quattro mesi significa rischiare maggiormente l’infezione, sia con la Omicron sia con la Delta e non si può escludere che la crescita della curva dei ricoveri si debba a un maggior numero di casi di Delta”, spiega l’esperto
Ad aggiornare l’identikit di Omicron contribuisce infine il fatto che “nel suo nucleocapside ci sono ben 6 mutazioni, contro le 3 di Delta, e questo – osserva Broccolo – potrebbe mettere ulteriormente a rischio l’efficienza dei test antigenici”. Si può ancora ipotizzare che “possa essere il primo passo verso la fine della pandemia, ma Omicron è così trasmissibile che attualmente non si può escludere che possa generare una nuova variante”
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