I lavoratori garantiscono la consegna dei pasti a domicilio a milioni di italiani per un fatturato del food delivery che nel nostro Paese, nel 2021, ha raggiunto il valore record di 1,5 miliardi.
Secondo Coldiretti si tratta di una richiesta favorita dalla impossibilità, in molti casi, di uscire di casa o di cucinare, ma pure per evitare di mangiare insieme per il rischio contagio. Senza dimenticare quanti organizzano pranzi e cene nelle case perché non dispongono di green pass rafforzato, necessario per accedere in agriturismi e ristoranti.
L’ulteriore balzo della domanda spinge un settore in grande crescita nello scorso anno per effetto delle limitazioni poste dalla pandemia che ha fatto scoprire agli italiani una nuova modalità di consumo.
Come rileva l’Osservatorio nazionale sul mercato del cibo a domicilio, il settore del digital food delivery continua la sua corsa inarrestabile, registrando una crescita del 59% rispetto al 2020 guidata da un lato dalla evoluzione tecnologica, dall’altro dall’accelerazione dovuta all’emergenza pandemica.
Per la nota organizzazione degli agricoltori, il boom del cibo a domicilio nelle case degli italiani ha portato però un’accesa competizione sui costi tra le diverse piattaforme con offerte gratuite di trasporto, promozioni e ribassi, che rischia a volte di ripercuotersi sulla intera filiera, dal personale ai conti dei ristoratori fino ai loro fornitori dei prodotti agricoli e alimentari.
Non a caso – secondo lo studio Coldiretti/Censis – quattro italiani su dieci (38,1%) che ordinano il cibo sulle piattaforme web ritengono prioritario migliorare il rispetto dei diritti del lavoro dei riders.
A giudizio di chi fa ricorso a questo tipo di piattaforme, oltre a quello primario della tutela dei lavoratori, sono diversi gli aspetti del food delivery che andrebbero modificati.
Il 28% di coloro che fruiscono di tali servizi, richiama l’esigenza di una maggiore sicurezza dei prodotti durante il loro trasporto garantendo adeguati standard igienici, evitando ogni contaminazione e preservando la qualità del cibo.
C’è poi un 25,3% che chiede alle piattaforme web di promuovere anche la qualità dei prodotti e degli ingredienti che propongono nei loro menù di vendita. Un altro 17,7% vorrebbe migliorare anche l’utilizzo di prodotti tipici e di fornitori locali.
di Tony Ardito
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