Quando non posso farlo di persona viaggio con la memoria e, con la mente, rivado ai viaggi fatti negli anni. Al tempo del camper quando con mia moglie e i bambini lasciavamo tutto e tutti e per un mese scorazzavamo per l’Europa, toccando i suoi punti estremi… affascinante Capo Nord.
Ma oggi con la mente vado ancora più indietro con i ricordi… a quell’estate del 1975, quando al rientro da un itinerario fantastico nel Vicino Oriente, riuscii ad aggiungere un tassello importante alla mia collezione di emozioni lucane, con le quali tentavo di costruire un filo sottile di collegamento con la mia adolescenza.
Avevo poco più di 20 anni e con Geppino, amico degli anni liceali, dell’università e soprattutto compagno dei primi viaggi in Europa, caratterizzati da pochi soldi e da itinerari senza limiti, eravamo partiti, zaino in spalla, per raggiungere Brindisi.
Dalla città pugliese c’imbarcammo su una nave greca, posto ponte, per Patrasso e di lì, in autostop, arrivammo ad Atene, dove ammirammo e respirammo a pieni polmoni gli spazi e le cose che fino ad allora erano appartenute solo ai libri di scuola. Alloggiammo qualche giorno in Odos Ermoù, vista Partenone. Mille lire per notte.
Dal Pireo c’imbarcammo per l’isola di Chios. C’era tanta gente all’imbarco, una gran confusione, così che riuscimmo a non pagare il biglietto. Lessi durante quella notte, sdraiato a terra, sul sacco a pelo, L’amante di Lady Chatterley. Di fronte all’isola greca, a un tiro di schioppo, la Turchia. Non potevamo non andarci.
Un giorno con il mare in tempesta, su una piccola scialuppa, con uno di quei viaggi che non si scordano più, raggiungemmo Smirne. Visitammo quella città millenaria, dalle infinite abitazioni bianche affacciate sul mar Egeo, poi con il pullman attraversammo una gran fetta di Turchia e fu… Istanbul. Meravigliosa!
Gira ancora oggi per casa una fotografia che mi ritrae insieme a un ragazzo turco, che voleva pulirmi le scarpe, davanti alla Moschea Blu. Provai a spiegargli in tutti i modi che avevo a stento i soldi per mangiare e per un ostello, ma lui continuava a sorridermi. A Istanbul, per tre giorni, con il fiato sospeso, incantati dai colori e dalle bellezze della città dormimmo solo poche ore per notte e poi… prendemmo l’Orient Espress.
Il treno, in un viaggio infinito, lungo il quale, durante le interminabili soste, scendevamo a raccogliere la frutta dagli alberi, ci portò a Sofia. Da Sofia, con un autobus, raggiungemmo Skopje, la città di Alessandro Magno e di Madre Teresa. Di lì fu la volta di Bar, da dove ci imbarcammo per Bari.
Ma lungo tutto il viaggio ebbi un’idea fissa: Aliano.
Mi fermo con i ricordi e ritorno al presente. Considero la soddisfazione che si prova rispetto agli eventi che finalmente si realizzano dopo tante attese.
I pensieri mi trasportano al Paxlovid, la combinazione di farmaci in somministrazione orale messa a punto da Pfizer contro il Covid-19. A momenti dovrebbe poter essere disponibile in Italia. Sembra un farmaco sicuro ed efficace, soprattutto se somministrato i primi giorni di malattia.
In uno studio clinico, su pazienti adulti con infezione sintomatica da Covid-19, ad alto rischio, un ciclo di trattamento di cinque giorni con Paxlovid ha ridotto dell’89% l’incidenza di ospedalizzazione e morte, rispetto al gruppo placebo.
La terapia veniva somministrata entro tre giorni dall’esordio dei sintomi. Risultati sicuramente interessanti; disporre di nuove armi contro questa malattia, che ha cambiato le nostre vite, induce conforto.
Va sempre sottolineato, però, che l’arma più efficace, concetto sostenuto da numerosi dati, rimane il vaccino. Facciamolo tutti, senza indugiare.
Ritorno al mio viaggio in Oriente e alla mia idea fissa: Aliano
Lungo la strada del ritorno, sempre in autostop, convinsi Geppino ad andare a visitare la località lucana. Ci stavo pensando da quando Levi era morto.
Ci ritrovammo muti davanti alla sua tomba, per lunghi minuti dinanzi al mucchio di terra che ci separava dalla sua bara, e sullo sfondo il paese del suo confino, incapaci di esprimere sensazioni.
Lì si incrociarono, pronte per essere annodate, le trame tessute negli anni, inseguendo i pensieri dello scrittore, il suo tempo, i suoi colori e le storie della nostra Lucania.
S’intrecciano nei nodi le storie, nodi che non saranno più sciolti. In essi i fili finiscono e si dipanano a concludere percorsi lungo strade tortuose o a iniziare nuovi sentieri all’ infinito.
Qualcuno ha scritto che i nodi sono fatti per essere sciolti. Non è vero. Un nodo deve tenere nel tempo; ha lo scopo di reggere intrecci il più a lungo possibile.
Potevamo rientrare a casa, il viaggio era terminato.
Parte dell’articolo è ripreso da: “Zero non esiste. Ritorno in Val d’Agri”.
di Vincenzo Capuano
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