Così, di nuovo dopo due anni di pandemia, vengono decisi lo stop ai ricoveri programmati non dovuti al virus, alle attività di specialistica non urgenti nelle strutture sanitarie e il rinvio delle operazioni che prevedono il passaggio in terapia intensiva
Una situazione già prevista dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui la combinazione dei ceppi Delta e Omicron avrebbe portato “i sistemi sanitari sull’orlo del collasso“, aveva detto il direttore generale dell’Oms, Tedros Ghebreyesus. “Questa situazione esercita, e continuerà a farlo, una pressione enorme su un personale sanitario già esausto”
A fare le spese dell’ennesimo rinvio di cure sono i pazienti “non Covid” che necessitano di prestazioni ordinarie. Queste criticità generano ritardi che affliggono in modo particolare il settore della chirurgia e dell’oncologia
È per questo che il Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) ha scritto una lettera aperta per puntare i riflettori sugli effetti negativi dell’ennesima ondata pandemica, che sta portando alla riduzione di attività diagnostiche e interventi chirurgici per molti pazienti e malati oncologici
“Esistono purtroppo tante altre categorie di malati oltre ai pazienti Covid e molte malattie come il cancro sono tempo-dipendenti”, spiega Luigi Cavanna, presidente del Cipomo. “Mentre un’alta percentuale di malati Covid può essere curata in sede extra ospedaliera, questa alternativa non è possibile per chi deve essere operato per un tumore del colon, dello stomaco, del polmone, della mammella”
“Due anni in ambito medico, scientifico e sanitario sono una enormità. Perché dopo due anni gli ospedali si stanno nuovamente riempiendo di malati Covid? Perché gli interventi diagnostici e chirurgici anche per i malati oncologici sono ancora ritardati e rimandati? Sicuramente qualcosa non ha funzionato e crediamo sia corretto ammetterlo”, dice la lettera
L’allarme arriva anche dagli anestetisti e dai rianimatori che ogni giorno sono in trincea nelle terapie intensive. Nicola Latronico, responsabile Siaarti rianimazione e terapia intensiva, sottolinea a RaiNews che “le terapie intensive Covid stanno viaggiando verso la saturazione, con la necessità molto prossima di aprire altri posti sottratti a quelle non-Covid”
Le rianimazioni non Covid, ridotte nella loro capacità di letti e personale, “sono sotto pressione per far fronte alle patologie tempo-dipendenti (come traumi, infarti, ictus), alle patologie acute non Covid (sepsi, insufficienza respiratoria acuta). Senza dimenticare i pazienti post-operatori complessi e gravi”, ricorda Latronico
Roberto Balagna, responsabile Siaarti della medicina critica dell’emergenza, spiega che “ogni giorno siamo costretti a non operare pazienti che avrebbero necessità di interventi chirurgici di una certa importanza e necessità. Se non si troveranno presto soluzioni dinamiche, rivedendo le attuali procedure”, conclude Balagna, “presto l’intero sistema chirurgico sarà nel caos”
Dal Friuli al Trentino, dall’Umbria al Molise, in Lazio, Lombardia, Veneto, Piemonte sono sotto stress i pronto soccorso, che rappresentano il primo punto d’accesso all’ospedale. “La quarta ondata avanza in modo non drammatico, grazie al vaccino che contiene i numeri, ma costante, e ci sono ospedali in cui si fatica a ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore“, è l’allarme della Simeu, la Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza
Il problema è anche la carenza di personale, che si contagia lasciando scoperti turni e strutture. Secondo la denuncia del sindacato degli infermieri Nursing Up, sono “oltre seimila gli operatori sanitari infettati in sole 72 ore, di cui oltre cinquemila infermieri”, ha dichiarato il presidente Antonio De Palma. Con il personale contagiato, i disagi si ripercuotono anche per il servizio a bordo delle ambulanze
“Nel pieno della quarta ondata, con una media di 800-1000 colleghi che si infettano in più ogni 24 ore, gli ospedali italiani rischiano il corto circuito”, scrive in una nota Nursing Up. “Riceviamo le continue segnalazioni di tanti colleghi impegnati nei pronto soccorso, che in questo momento sono bombe ad orologeria pronte ad esplodere”, spiegano dal sindacato degli infermieri
Turni massacranti, carenza di personale, sempre più infermieri infettati e costretti a rimanere a casa, reparti ordinari convertiti in aree Covid. “In questo modo, che fine fanno i pazienti che necessitano di prestazioni ordinarie?”, si chiede il sindacato
La carenza di personale è dovuta anche al fatto che, quando possibile, medici e infermieri vengono arruolati per le vaccinazioni contro il Covid. Così però vengono sottratti ad attività fondamentali, come la diagnostica (endoscopie, ecografie), con conseguente allungamento dei tempi di attesa
Gli ospedali sono in emergenza in tutta la Penisola. In Lombardia la direttiva regionale agli ospedali è di aumentare al massimo possibile i letti Covid, riconvertendo i reparti delle altre patologie. In caso di necessità, vengono sospese tutte le attività non urgenti, chirurgiche e ambulatoriali
In Lombardia le strutture sono anche tornate a chiudere le porte ai visitatori, riporta il Corriere, a causa dell’aumento dei contagi. L’obiettivo è cercare di tutelare i pazienti ricoverati nei pochi reparti non Covid, per evitare che anche loro si contagino
Un cittadino su due afferma che i costi sono aumentati rispetto al periodo pre-pandemia e uno su cinque è stato costretto a rinunciare ad alcune cure perché non poteva sostenerne i costi. In totale, il 71% dichiara che la situazione è peggiorata rispetto a prima del Covid