Il Covid ha “generato”, si fa per dire, l’intervista da remoto. Il “faccia a faccia” tra giornalista ed intervistato è ormai un pallido ricordo del tempo andato.
Una volta, invece, ogni mattina, ad orario prefissato, un rappresentante delle forze dell’ordine consegnava a ciascun giornalista, non abusivo o un praticante per caso, il mattinale.
Era la sintesi scritta delle operazioni di polizia giudiziaria ed investigativa concluse nel tardo pomeriggio e la notte del giorno precedente. Toccava, poi, al giornalista, ampliare le notizie in pillole ed in forma asettica
Oggi il contatto umano è stato sostituito dal telefonino di ultima generazione. Solo in casi eccezionali di cronaca nera o bianca gli organi giudiziari ed instituzionali convocano la “conferenza stampa”
I problemi nascono con la cronaca giudiziaria. Un settore delicato e difficile della corretta e compiuta informazione che non si può, nè si deve “affidare” alla chiamata telefonica di una delle parti del processo.
La soluzione è nel seguire “in persona” l’istruttoria dibattimentale sino alla lettura del dispositivo della sentenza nei tre gradi di giudizio.
Una esigenza resa più attuale dalla riforma Cartabia che restringe gli ambiti della libertà di informazione.
Cade a proposito quanto scrive Carlo Verdelli, ex direttore di “Repubblica” e neo direttore di Oggi: “il giornalista non deve occupare la scena che va lasciata ai fatti. Alle persone delle quali si parla e a quelle che si informano”
di Enzo Todaro