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L’allarme di Confindustria: non possiamo permetterci un’altra Crimea

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Allerta massima tra gli imprenditori per le nuove, inevitabili sanzioni che colpiranno la Russia a seguito dell’attacco all’Ucraina. “L’auspicio è che non si inneschi una spirale ritorsiva che, oltre a destabilizzare ulteriormente l’area, penalizzerebbe scambi, investimenti e collaborazioni industriali già gravemente compromessi dalle sanzioni in essere dal 2014, (quando cioè la Russia ha annesso la Crimea, ndr). aggravandone gli effetti diretti e indiretti”, scrive Confindustria in una nota, augurandosi che “ogni eventuale ulteriore misura venga assunta in maniera il più possibile speculare e coordinata”.

Mentre governi e commissione Ue stanno coordinando la risposta a Vladimir Putin, Confindustria ricorda che l’export italiano è già sceso all’1,5% dal 2,7% del 2014, interessando circa 11mila imprese dalle 14mila precedenti, mentre nello stesso periodo l’import è calato dal 5,2% al 3%.

Il calo delle esportazioni italiane verso il mercato russo, conseguente al caso Crimea, è diffuso a tutti i principali settori, con picchi significativi nei beni di consumo: dall’arredamento (8% pre-sanzioni; 3% nel 2021), al legno (5,5% – 1,1%), all’abbigliamento (7,3% – 3,8%) ai prodotti in pelle (4,6% – 1,7%). Come è noto, infatti, già quelle sanzioni hanno fiaccato la crescita economica e la domanda interna russa e svalutato sensibilmente il rublo.

Dal lato dell’import, non è certo un segreto la dipendenza italiana dalle commodity di Mosca: circa un quinto degli acquisti nazionali di gas e petrolio arrivano dalla Russia. in particolare, il peso del gas raggiunge il 42%, quello del petrolio il 13%. Inoltre, la Russia è origine di più di metà dell’import italiano di carbone e lignite (in forte aumento sul pre-crisi), di circa 15% dei prodotti petroliferi (peso dimezzato), di quasi il 7% dei metalli di base, percentuale in crescita, in particolare per gli acquisti di alluminio.

La Russia accoglie il 2,4% dello stock italiano di capitali investiti nel mondo, per un totale di 11,5 miliardi di euro. I capitali italiani, sottolinea Confindustria, hanno realizzato 442 sussidiarie che occupano circa 34,7 mila addetti e producono un fatturato pari a 7,4 miliardi di euro, crescendo mediamente del +7,5% negli ultimi sei anni, molto più di quanto accaduto alle controllate nei paesi extra-UE (+2,2% nello stesso periodo) e negli Stati Uniti (+5,2%), primo paese extra-UE per presenza delle multinazionali italiane.

Un peso molto più ridotto hanno invece i capitali russi investiti in Italia, appena lo 0,1% dello stock totale ricevuto dall’Italia. Quelle russe rappresentano soltanto lo 0,3% delle multinazionali estere sul territorio nazionale: producono poco più dell’1% del fatturato, ma l’ammontare è comunque superiore agli 8 miliardi di euro. (riproduzione riservata)

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