Rivedere un film (di Enzo Capuano)

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Cesare Rinaldi è mio amico da sempre, dai tempi dell’università, entrambi cardiologi ci divertiamo a scrivere brevi articoli, qualcuno pubblicato sui giornali locali. Ci siamo incontrati qualche giorno fa e seduti al bar, tra le tante cose, mi ha raccontato questo episodio:

“Mettendo in ordine nei cassetti ho trovato dei fogli scritti oltre un quarto di secolo prima, probabilmente il 1993, – e mentre prendeva gli appunti dalla tasca, aggiunse – voglio leggerteli”.

Iniziò lentamente, con voce bassa: “Il sole dipinge tenui colori nel cielo; i suoi raggi si fanno pigramente strada tra i rami a disegnare figure sospese nell’aria che si attardano in danze leggere. Sono in auto, sull’autostrada Salerno – Reggio Calabria, diretto in ospedale. Il turno di notte mi aspetta. Potrei guidare anche a occhi chiusi. Da oltre dieci anni, quotidianamente, percorro questo tratto di autostrada.

Mi perdo tra pensieri: Apollo, Capitol, Vittoria, Metropol, Astra, Augusteo, Diana e poi Modernissimo; i nomi li ricordo tutti, erano i cinema di Salerno negli anni sessanta e settanta. Mi ritornavano in mente da qualche giorno. Il tempo ha diradato i ricordi ma ancora nitida è l’immagine di mia madre e mio padre che, di pomeriggio, conducevano me e mio fratello al cinema Vittoria.

A sorvegliare sulla nostra incolumità sarebbe stato uno zio di papà: zio Carlo Ascione. Sul viso già solcato da rughe decise, aveva un grosso neo che suscitava la nostra curiosità; da anni lavorava, come maschera, al cinema Vittoria. Ci ritenevamo molto fortunati ad avere zio Carlo, ci permetteva di vedere e rivedere film western o avventure strepitose di Ercole e Maciste.

Rimanevamo nella scura sala, dall’intenso odore di fumo, per ore, immersi tra patatine e popcorn. Nello stesso pomeriggio rivedevamo il film più volte, fin quando, mio padre e mia madre, venivano a prenderci la sera.

Mentre l’amico fa una pausa per sorseggiare l’aranciata, rifletto che anche questa lunga storia del Covid 19 ripropone continuamente eventi che si ripetono, proprio come nel film che Cesare vedeva a ripetizione. Recentemente ho letto un lavoro scientifico che si chiedeva se i pazienti affetti da omicron potessero infettarsi con la nuova variante omicron 2.

Per fortuna dopo una serie di dati, concludeva che le persone che hanno contratto Omicron difficilmente potranno essere di nuovo contagiati dal lignaggio omicron.2, almeno nel breve periodo, e che il booster vaccinale difende in maniera simile da entrambi i linguaggi”. Meno male, pensai, e ripresi a seguire la lettura degli appunti di Cesare.

“Entravamo, spesso, a film già iniziato. Quando la pellicola era proiettata per la seconda volta e il film si avvicinava al momento nel quale eravamo giunti in sala, e velocemente avevamo preso posto, comprendevamo, in modo chiaro, parti delle scene che la prima volta non avevamo inteso del tutto.

Inoltre nel rivedere la parte già vista si leggevano i fatti in modo diverso dalla prima volta. Questo accadeva non solo perché ora era chiara la sequenza delle scene, ma anche perché conoscevamo il finale.

Il film della mia vita mi ripropone quelle impressioni. Ricordo i fatti distintamente dall’età dei cinque, sei anni; quelli precedenti sono molto nebulosi, li conosco attraverso i racconti di mia madre, ma le sensazioni intense di quei primi anni di vita non facevano parte del bagaglio dei ricordi.

Ora che i mie figli crescono mi è possibile, tra pannoloni, pipì, notti insonni, pianti e capricci, catturare quelle sensazioni perdute.

Come nella sala del cinema Vittoria ora leggo episodi di vita familiare in modo profondamente diverso da come li avrei letti da piccolo… mi sono note le successive parti del film.

La storia della vita sta giungendo al punto in cui sono entrato, cosciente, nel mondo: la pellicola mostrerà in successione il bambino che cresce, va a scuola, si sposa… tutto scontato, ma inizia un nuovo film… il film del padre.

Del ruolo di padre avevo colto solo impressioni superficiali, quelle che può cogliere un bimbo, ma le emozioni vere di genitore inizio a conoscerle solo ora. Il film già visto dunque mi offre sensazioni nuove…

Continuo a guidare, il paesaggio mi offre strade con poche auto e una campagna in fiore dalla quale si alzano ogni tanto pennacchi d’acqua e un vento leggero trasporta l’odore intenso della terra bagnata. La macchina corre veloce, poi la solita coda all’uscita dell’autostrada. L’ospedale è lì, pare mi stia aspettando. Parcheggio ed eccomi al sesto piano, mi appare la tabella con su stampato: “Cardiologia”.

Cesare tacque.

Osservai un bimbo attraversare la strada dando la mano alla mamma, poi chiusi gli occhi e, in silenzio, cercai il sole con il volto, aspettando che il mio amico aggiungesse altro.

Dopo una lunga pausa continuò: “Sorridendo, tra il felice e il malinconico, sono rimasto con i fogli tra le mani a lungo, Ho pensato che stavo rivedendo il film della vita per la terza volta, ora mi è chiaro quasi tutto e mentre continuavo a sorridere mi sono detto « No! Ho tanto ancora da vedere e imparare, la vita di nonno non la conosco fino in fondo », con un magone nello stomaco, sempre sorridendo, ho richiuso il cassetto”.

di Enzo Capuano

2 Commenti

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  • Un saluto affettuoso a Enzo Capuano da Viola Antero, figlio dell’imprenditore Viola Pietro estimatore del Ragioniere Capuano direttore del Consorzio di Bonifica, ci siamo conosciuti a Villa D’Agri da bambini dal !962 al 1967 insieme a Ernesto e MariaGrazia. Ho letto con emozione e nostalgia “Ritorno in Val d’Agri ” . Quella valle che ricordiamo non esiste più.
    Un saluto affettuoso a te e a Enesto e Mariagrazia

  • E’ un uomo fortunato lo spettatore che riesce a rivivere più volte, il film di se stesso. Ma solo allorquando davanti ai suoi occhi, quando il rumore di fondo che ne distraeva e disturbava la piena consapevolezza è cessato, con gli occhi di un nonno, come in un rewind ricompaiono ancora una volta le scene della sua vita, nello sguardo incantato di un suo nipotino, può comprendere appieno, quale meravigliosa avventura ha vissuto.
    Tuttavia, chiedo perdono se mi allontano da queste tenere sensazioni, oggi rivediamo un film che non avremmo mai più voluto rivedere. Rattristato oggi dal dolore per gli amici ucraini, (non so per chi sarà, domani), so di stare tra persone giuste per ricordare amaramente questa poesia di S. Quasimodo (Uomo del mio tempo):
    Sei ancora quello della pietra e della fionda,
    uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
    con le ali maligne, le meridiane di morte,
    t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
    alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
    con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
    senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
    come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
    gli animali che ti videro per la prima volta.
    E questo sangue odora come nel giorno
    Quando il fratello disse all’altro fratello:
    «Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
    è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
    Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
    Salite dalla terra, dimenticate i padri:
    le loro tombe affondano nella cenere,
    gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

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