Ciò detto, non può negarsi che le democrazie vivono oggi una vertiginosa caduta di autostima (utilizzo l’espressione di Federico Rampini) e le fondamenta della loro stessa esistenza sono minate da una sindrome autodistruttiva.
In questa direzione si muovono gli estremisti del nazionalismo, che rappresentano gli Stati occidentali come una “democrazia truccata” (è sufficiente ricordare l’assalto del 6 gennaio 2021 consumato dalla destra eversiva americana al Campidoglio) oppure come espressione dell’ imperialismo globale.
Il germe della ignoranza storica e della mala fede politica si è lentamente insinuato nelle scuole tra alcuni insegnanti post-sessantottini e aderenti alla globalizzazione delle banalità, diffuse da pseudo-intellettuali di maniera che in questo modo hanno tentato di giustificare una cattedra universitaria; lo stesso germe si è affermato con la violenza delle parole nei dibattiti televisivi, che hanno offerto smisurato spazio alle tesi più singolari e bizzarre (basti pensare a quello che siamo stati costretti ad ascoltare durante la pandemia).
Sull’altare del “politicamente corretto”, le democrazie hanno finito per sacrificare i loro valori, per giustificare il disprezzo costante nei confronti delle sue istituzioni, per minare i principi di una convivenza libera.
Tutto questo ha portato Putin alla convinzione che la società occidentale sia una società molle, senza spina dorsale, sostanzialmente piegata a giustificare la propria sopravvivenza (del resto, questa è pure l’opinione di Pechino).
Per comprendere la pericolosa eversione che questi argomenti recano in sé, vi invito a leggere Daron Acemoglu e James A. Robinson, “Perché le nazioni falliscono” (il libro già al centro di mie passate riflessioni, sarà in edicola il 1° aprile con “Il Corriere della Sera”).
Invero, Putin con la sua guerra sembra aver, almeno per ora, ottenuto un risultato diverso da quello voluto: nella dinamica della eterogenesi dei fini, l’Occidente si è presentato unito nelle sanzioni e determinato a sostenere le ragioni dell’Ucraina (anche con la fornitura di armi), evitando opportunamente una pericolosa spirale di guerra e lasciando lo spazio alle iniziative diplomatiche.
Il pericolo, però, ancora si annida nelle pieghe delle società occidentali. Ho letto stupito da “Il Messaggero” dello scorso lunedì che collettivi No-Vax giustificano l’invasione russa dell’Ucraina ritenendo che in tal modo Putin avrebbe inteso distruggere le basi di laboratori americani pronti a diffondere un nuovo virus. Stessa idiozia ho avuto modo di ascoltare su “Radio24” dalla bocca di un signore che organizza le manifestazioni a Predappio.
Invero, e questo anche per constatazione personale tra i miei conoscenti, l’area dei No-Vax coincide sostanzialmente con quella dei Pro-Putin: si tratta di frange, forse nient’affatto marginali, che giustificano i bombardamenti delle popolazioni civili e la distruzione dell’Ucraina come contrasto all’imperialismo americano ed europeo.
Ora, ed è bene chiarirlo, nessuno ama la guerra, ma a fronte di iniziative così violente e sanguinose, a fronte dell’attacco di Putin alla convivenza dei popoli e ai principi della democrazia, occorre una risposta rapida e decisa.
Si deve evitare la catastrofe della paideia su cui si fonda la Kultur (l’espressione tedesca è molto più intensa e significativa di altre) europea, dal Rinascimento alla Riforma, a meno che l’Europa non intenda affrontare la propria “morte” senza saperlo e cercando di nasconderla a se stessa.
Giuseppe Fauceglia
L’area no-vax è fatta da populisti di destra e di sinistra, orfani di partiti che non esistono più ed elettori non del tutto convinti dalla attuale offerta politica. Non leggono giornali in quanto di parte e si nutrono di controinformazione, convinti che qualunque bufala, purché non “mainstream”, come amano dire, sia più credibile di quanto scrive la stampa uffuciale. Non conoscono la verifica delle fonti e parlano senza avere le prove di nulla: una volta messi all’angolo, rispondono con l'”io so” pasoliniano, distorcendolo a piacimento e facendo rivoltare Pasolini nella tomba, assieme a Socrate. Utilizzano argomenti anti-imperialisti in maniera strabica, sono manichei e analfabeti di ritorno non correggibili, in quanto si sentono depositari della verità e in astratto vittime del capitalismo e di complotti orditi dagli americani, da poteri occulti, ecc. Costretto a frequentarli da decenni, ho notato un fattore comune a tutti loro: non sanno decentemente l’inglese e/o non sanno niente di informatica. Ma ciò che è peggio è che non hanno capito il valore di trovarsi in una democrazia, anche sgangherata come la nostra.
Invito il professore a leggere questo libro di Franco Fracassi:Biden Burisma e la strage di Odessa, o con minore sforzo a seguire il video indirizzato da questo link
https://m.youtube.com/watch?v=CSl-tcwvxeI
è molto interessante e potrebbe offrire una chiave interpretativa diversa dalla sua sui fatti collegati alla crisi Ucraina.
Il suo commento è in realtà il manifesto del manicheismo
mettendo insieme novax populisti di destra e sinistra non-conoscitori-di-inglese non-conoscitori-di-informatica ecc.ecc.
Quindi i boccaloni che credono a tutte le panzane del mainstream sarebbero “INVERO” i provax professori di inglese programmatori ecc.ecc.
Si legga piuttosto l’intervista del prof. Luciano Canfora a Umberto De Giovannangeli, magari in compagnia Dell esimio articolista.
Com’è bello pontificare vivendo sotto l’ombrello protettivo della democrazia occidentale che consente a tutti (professori e supini ascoltatori) di raccontare le proprie panzane impunemente.
Vadano sotto altri regimi a divulgare le loro “verità”.