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Lite tra De Giovanni e i tifosi granata: lettera allo scrittore

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Egregio Maurizio De Giovanni, sono un suo lettore appassionato, la stimo e apprezzo la sua capacità espressiva, che sottintende una notevole cultura.

Sono poi un salernitano di città, tifoso appassionato della Salernitana, come tale fiero avversario sul fronte sportivo del Napoli nelle lunghe e molteplici sfide tenutesi sui campi di calcio, soprattutto negli anni 90 del secolo passato, ma anche nelle due partite giocatesi in questo tormentato campionato di serie A.

Non sono un tifoso senza ragione, fanatizzato da teorie di presunta primazia della popolazione salernitana rispetto a quella ben più numerosa napoletana.

Insomma e per farla breve dialogo spesso, pur senza tralasciare le esagerazioni da tifoso, con i moltissimi amanti del Napoli che sono salernitani veraci e pur tuttavia vivono e sono nati nella città di Salerno. Ho il polso reale della situazione in loco.

Non c’è infatti un’incompatibilità tra l’essere salernitano e tifare Napoli, pur, devo ammetterle la mia incapacità, non riuscendo a comprendere la filosofia di costoro, che preferirebbero lo scudetto del Napoli alla salvezza della Salernitana. Sempre in una logica semplicistica di sano tifo calcistico.

Pur tuttavia, ho letto con sgomento i suoi post dedicati ai tifosi salernitani, il loro essere, a suo giudizio e per sintesi, figli di una sorta di dio minore, incapaci di discernere che con i fratelli napoletani non può esserci una dichiarazione di odio, come invece gridato da buona parte dei presenti sugli spalti dello stadio Olimpico di Roma domenica scorsa.

Le sue considerazioni sul punto mi sono sembrate stranamente superficiali e espresse con la voce del tifoso arrabbiato, non certo del fino scrittore, del giallista forse più apprezzato nel panorama letterario nazionale.

Quanto poi alle conseguenze di queste sue, secondo me non ragionate ed improvvide, dichiarazioni ed alle annunciate polemiche che ne sono conseguite, degne di un parterre da curva di stadio, anziché di sedi dove la discussione dovrebbe essere condotta con equilibrio dialettico ed alla sua dichiarata rinuncia di venire a Salerno nei prossimi giorni per promuovere il suo ultimo romanzo, sono rimasto allibito e preoccupato.

Sinceramente in lei si è creata una sorta di sdoppiamento d’identità, che l’ha reso incapace di discernere con equilibrio le varie situazioni, le conseguenze di ogni sua dichiarazione e il radicalismo barricadero che ne è derivato.

Prima considerazione da lei non svolta. Quei tifosi allo stadio di Roma erano arrabbiati per l’ingiusta ed incredibile vittoria sfumata negli ultimi minuti, che purtroppo vanificherà un miracolo sportivo che qui a Salerno si chiama salvezza. L’attenuante, quantomeno generica, sarebbe stata opportuna.

Consideri che la maggioranza di coloro che hanno gridato il loro “odio” verso Napoli (ci sarebbe da discutere se trattasi di odio sportivo, rabbioso e per questo irrazionale o razzista e becero, ma lei, almeno a quanto leggo, non si è posto il problema) era in larga misura composta da minorenni, che purtroppo sono abituati dai costumi della nostra società a offendere, gridare, non certo ragionare.

Pertanto, chi, come lei, è dotato di una capacità di lettura critica sottile non può avere simili cadute o meglio non può cadere in simili tranelli.

Lei purtroppo ben sa che simili grida odiose non provengono solo da un gruppo di salernitani (se generalizza estendendo tale vis a tutti gli abitanti di Salerno e buona parte della sua provincia significa che non conosce la realtà del territorio e allora più che mai vi si dedichi), ma da ogni dove d’Italia e anche da altre piazze meridionali, che, come lei dice, dovrebbero possedere una somiglianza di cultura e di appartenenza.

Questa circostanza obiettiva dovrebbe farla meditare sulle ragioni di tali offese salernitane, che non sono di certo di natura territoriale, razzista o comunque espressione di un odio allo stato puro, ma sono il frutto di una rivalità, semplificata nelle sue ragioni ed esternazioni proprio a causa del clima che oggi circonda il nostro modo di concepire gli altri, il rapporto con coloro che vengono sentiti appartenenti ad una comunità diversa.

L’odio Napoli gridato a Salerno è ben diverso (giammai più grave) di quello pronunciato da pseudo tifosi di tutt’Italia e nasce soprattutto dal fatto che i napoletani sentendosi figli di un regno e di una capitale abbiano sempre negato la sussistenza pura del fatto che Napoli Salernitana sia un DERBY, giocato tutto l’arco di un campionato. Appellandosi ad un’interpretazione formalmente letterale della parola inglese, che mi sa tanto di prova di questo loro convincimento.

Invece, mi scusi, la supponenza dei napoletani (quelli non in grado di discernere oltre, non mi fraintenda) di sentirsi necessariamente i primi della Regione, non tanto per numero di abitanti, ma per pur evidenti ragioni storico calcistiche, ha sempre rifiutato ciò; indaghi, come il suo commissario Ricciardi, tra le strade di Napoli, tra la sua gente c’è una tendenza a ignorare, perché figli di un Dio superiore, le squadre della Campania diverse. Per cui confrontarsi con la Salernitana è quasi un fastidio, che diventa intollerabile quando questa squadra prevale sul Napoli.

Ricorderà l’infausto anno 1998 in cui la Salernitana venne promossa in serie A e il Napoli retrocesso in B e poi gli anni in cui la sua squadra del cuore era addirittura in C, mentre i granata in B, oltre a tutti i DERBY (si, erano e sono tali) giocati in serie B, in cui i valori storici delle due squadre si sono ribaltati.

Lì va individuata l’origine di questa radicalizzazione, poi divenuta becera, mai prima esistita.

Lei caro De Giovanni non ricorda, oppure ritiene ininfluente, le offese che i tifosi del Napoli hanno gridato alla Salernitana nell’ultima partita giocata al Maradona, dove c’era in campo una squadra decimata dal covid, già tecnicamente debole, danneggiata da errori arbitrali in ben due circostanze (rectius: due rigori regalati), pur tuttavia capace di fronteggiare la squadra di casa per lunghi tratti quasi alla pari.

Dalla curva dell’ex San Paolo si è gridato di tutto e l’augurio più elegante è stato “retrocedete in serie B”. Alla faccia della fratellanza corregionale.

Ora è inutile prolungarsi oltre, tutto quello che sommariamente le ho raccontato è la storia di un calcio espressione di una società malata ed allora la sua pretesa di sentirsi offeso da grida di tifosi, di attribuirgli un peso specifico tanto grosso e di amplificarlo con sommarie considerazioni, tanto da disertare un’occasione di incontro con la sua narrativa a Salerno mi sembra una sproporzione buona solo ad alimentare l’antagonismo becero da stadio.

Riveda le sue posizioni, le sue decisioni e soprattutto affronti con la dovuta cautela e serietà profonda temi così importanti (che ha anche rappresentato sulla base di assunti generici di carattere storico, su cui ci sarebbe sul serio da discutere in un placido dibattito).

Intervenga per placare gli animi da lei agitati come un Masaniello, non certo un De Filippo.

Ne ha tutte le qualità e l’umiltà per farlo e lo faccia, per favore.

Antonio Rizzo

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