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Il 25 aprile degli altri (di Giuseppe Fauceglia)

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Si avvicina anche quest’anno la ricorrenza della Liberazione dell’Italia dal giogo della dittatura fascista, e proprio i solerti eredi di quella gloriosa esperienza storica e di riscatto nazionale oggi negano  il diritto (per altro sancito proprio dalla Carta dell’ONU) che un popolo invaso possa resistere a difesa della sua democrazia e della sua identità nazionale.

In sostanza, la motivazione dell’invasione e della guerra, scatenata dalle Repubbliche Russe nei confronti dell’Ucraina, risiede proprio nella negazione che questa possa essere uno Stato libero, ritenendo che faccia parte della Grande Nazione Russa, così sovvertendo la storia e l’identità culturale dello Stato invaso.

Che si tratti di “guerra” non vi è alcun dubbio, e il tentativo di negarlo da parte della propaganda russa si fonda su un equivoco evidente: per dar luogo ad una guerra non è necessaria alcuna preventiva dichiarazione formale, è sufficiente l’utilizzo delle armi su vasta scala e l’invasione di un territorio riconosciuto come “libero e indipendente” dalle Convenzioni Internazionali (e tale è l’Ucraina, che siede anche in tutti i consessi internazionali ed è riconosciuta da tutti gli Stati).

Per altro, come abbiamo potuto vedere in questi giorni, l’Ucraina aveva fatto notevoli progressi: aveva sostituito le infrastrutture fatiscenti delle città post-sovietiche condannate al degrado; aveva iniziato una profonda modernizzazione della produzione agricola (nel grano e nei semi di mais e di girasole); aveva intrapreso una profonda ristrutturazione del vetusto apparato industriale e compiuto una lenta ma costante modernizzazione delle aree portuali.

Tutto oggi irrimediabilmente distrutto dalle bombe e dai missili lanciati da Putin e dai suoi generali: basta pensare al cumulo di macerie che restano di una città viva e produttiva, come Mariupol, con i suoi novemila corpi rinvenuti nelle fosse comuni (fonte: “Il Corriere della Sera”).

L’Occidente, con i suoi dubbi e le sue paure, con la crisi dei suoi valori e delle sue idee portanti, costantemente abrase da forze politiche e da falsi opinionisti (sulle cui provvidenze e finanziamenti sarebbe il caso di indagare approfonditamente, anche per le questioni legate ai sotterranei rapporti con i servizi russi), non riesce ancora a rispondere alla drammatica ed inconfutabile realtà che oggi vive il popolo ucraino.

Non si vuole comprendere che la guerra scatenata da Putin è un attacco ai valori della democrazia e della libertà, proprio quei valori che ogni giorno sono negati in Russia con l’arresto e l’omicidio di giornalisti ed oppositori, in una stretta liberticida che la propaganda putiniana (che purtroppo ascoltiamo anche sulle nostre reti televisive) sfacciatamente e spudoratamente nega.

Qui non si tratta di appiattirsi sulle ragioni degli Stati Uniti e sulle improvvide dichiarazioni del Presidente Biden, ma di riaffermare il ruolo e il valore dei principi di un’Europa che,  sia pure in modo incerto e a volte contraddittorio (nessuno ha notato che la guerra non è iniziata dal 24 febbraio scorso, ma dura da otto anni), ha il dovere di difendere.

Proprio per questo i “pelosi” argomenti, i silenzi colpevoli, l’accondiscendenza sottile nei confronti dell’invasore non possono avere nessuna giustificazione storica e morale di chi si appresta, in una cornice purtroppo ammantata da vuota retorica, a festeggiare la liberazione dell’Italia.

Voglio ricordare quello che ha scritto Paolo Makov, artista che rappresenta l’Ucraina alla Biennale di Venezia: “L’indipendenza non dà garanzie, ma porta con sé la libertà.

E la libertà richiede responsabilità: è questa la mentalità che prevale a Kiev”, e che, aggiungerei, guida, questa sì, la eroica resistenza del popolo ucraino e dei suoi rappresentanti politici, con in testa il Presidente Zelensky.

Giuseppe Fauceglia   

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