La nota comune è che bisogna mettere mano alla struttura del Trattato per aggiornare il quadro istituzionale alla nuova temperie politica. Rivedere anzitutto la regola dell’unanimità, laddove questa è ancora richiesta. Il riferimento va al Consiglio europeo. Il vertice dei Capi di Stato o di Governo a volte s’inceppa per le riserve di questa o quella delegazione ed offre lo spettacolo della pochezza operativa.
La casistica denota quell’incertezza nel decidere che, all’esterno, appare come pavidità a cospetto degli eventi. Emerge plasticamente l’incapacità di agire quando il fatto atteso sembra riguardare alcuni e non tutti.
La guerra in Ucraina sta producendo un maggiore grado di coesione? Sarebbe fra gli effetti indesiderati dall’aggressore. L’altro effetto indesiderato, addirittura il contrappasso per chi voleva allontanare la NATO dai propri confini, è l’allargamento dell’Alleanza a paesi rimasti neutrali fino al giorno precedente l’invasione.
Finlandia e Svezia rinunciano alla neutralità, la svedese è secolare, per condurre esercitazioni comuni con gli alleati e chiedere l’adesione al prossimo Vertice NATO. L’integrazione sarebbe deliberata con procedura accelerata per stendere la protezione prima che le parti contraenti ratifichino gli atti di adesione.
La riunione dei Ministri della Difesa a Ramstein, sotto l’egida del Segretario americano alla Difesa, ha visto oltre 40 paesi di tutti i continenti. La minaccia comune contribuisce a smussare le vecchie diffidenze. L’Alleanza da europea diventa globale: oggi in chiave anti-russa, domani in chiave anti-cinese.
Il cambio di paradigma in atto innesca un processo dall’imprevedibile esito. L’Europa era abituata alla sicurezza ed alla stabilità come beni acquisiti dopo la Conferenza di Helsinki dei Settanta. Ora sicurezza e stabilità sono beni negoziabili sulla scorta di operazioni militari.
I giovani della Conferenza si sono calati nello spirito del tempo. Anziché rievocare gli stilemi delle sovranità ritrovate, propendono per la sovranità europea: per il maggiore tasso di sovranazionalità come dal progetto originario dei padri fondatori.
Il 9 maggio, nella laica festa della “San Schuman”, così a Bruxelles è comunemente denominata la ricorrenza della Dichiarazione Schuman del 1950, i Co-Presidenti della Conferenza ed il paese ospitante (Francia) riceveranno i risultati della consultazione.
Dei seguiti è lecito dubitare. Il Trattato, all’art. 48, prevede una procedura semplificata per la modifica del Trattato stesso.
Una maggioranza semplice di delegazioni in seno al Consiglio europeo (almeno 14 su 27) può decidere di convocare una Convenzione per la modifica. La Convenzione (ad ampio spettro di partecipazione comprendendo anche i Paesi candidati all’adesione) produce una bozza di Trattato da sottoporre alla Conferenza intergovernativa. La Conferenza, riservata ai soli stati membri, produce un Trattato propriamente detto. Questo va firmato e ratificato dalle Ventisette Parti Contraenti.
E dunque: bisogna raggiungere l’unanimità degli stati membri per abolire la regola dell’unanimità dalla procedura decisionale. Nell’ipotesi più ottimistica, l’alea della modifica è tale da imporre tempi lunghi. Non certo la tempestività che la contingenza esige.
E allora cosa fare nel frattempo? Stare fermi non si può per le ragioni appena descritte. Si possono attuare subito le parti poco applicate del Trattato vigente. Trarre la massima potenza dal motore che montiamo sull’auto inserendo il turbo. Per stare all’attualità: accelerando verso la politica di sicurezza e difesa comune.
di Cosimo Risi