«Chiediamo con forza– dichiara Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania e vicepresidente Nazionale con delega al Mezzogiorno – al Governo di rivedere le regole del reddito di cittadinanza: così come è stato concepito in Italia, non va bene, sta creando difficoltà inimmaginabili agli imprenditori. La manodopera manca, l’economia rallenta e si sta indebolendo, molte attività rischiano di chiudere.
Manca il personale perché negli ultimi tempi è diventato difficilissimo reperire addetti. E’ un problema enorme, soprattutto per il settore alberghiero e per gli oltre 30mila ristoranti e per i bar, ma anche per l’extralberghiero: gli affittacamere non aprono per assenza di addetti, proprio in un periodo come questo in cui una fortissima spinta alla nostra economia arriva dal mondo del turismo.
In grave difficoltà anche il nostro comparto “immagine e benessere”, il cui presidente, Nicola Diomaiuta, mi rivela di attività chiuse per mancanza di lavoratori. Si tratta di una condizione insostenibile e paradossale: non si trova personale disposto ad essere assunto in modo regolare. A Napoli, ad esempio, non si trovano persone disposte a lavorare per 1.300/1.500 euro al mese perché a loro conviene percepirne 800 di sussidio standosene a casa.
E così – aggiunge Schiavo – alla mancanza di lavoratori qualificati si aggiunge il mercato del lavoro nero: capita sempre più spesso che si chieda agli imprenditori di essere pagati in maniera occulta. Oltre il danno la beffa, in sintesi. Questa ipotesi, infatti, configurerebbe un doppio problema che inquinerebbe ulteriormente il sistema economico territoriale».
Confesercenti Campania chiede di aprire un dialogo immediato con il Governo: «Denunciamo – spiega Vincenzo Schiavo – con forza questa spirale molto pericolosa: mancanza di personale, aumento del lavoro nero, assenza di lavoratori qualificati, economia impoverita. Ecco perché noi diciamo che bisogna ancorare il reddito di cittadinanza all’assunzione. Coloro che lo percepiscono dovrebbero essere assunti dalle aziende che da un lato garantirebbero un surplus sul reddito statale e dall’altro una formazione al lavoro per i dipendenti.
L’esempio è semplice: 800 euro di reddito, 800 euro di salario a carico delle aziende, che contemporaneamente regolerebbero lo status del lavoratore, impegnandosi pure a formarlo. Non ci sono, infatti, più giovani che imparano mestieri che hanno sorretto la nostra economia, ovvero i camerieri, i baristi, gli addetti agli hotel, gli artigiani, i commessi o i vari lavori legati al turismo.
Se lo Stato non intende prendere in esame queste o altre soluzioni l’economia ne risentirebbe fortemente e tra cinque anni avremo un esercito di giovani disoccupati che, peraltro, non hanno alcuna competenza, qualifica o esperienza da immettere nel mercato per poter lavorare».