Invisibili ad ogni conta e statistica. Immigrati, richiedenti permesso di soggiorno, clandestini e non. Si nascondono. Sono nascosti. Lavorano nell’ombra e nel silenzio senza diritti. Calpestati nella dignità. Chi sono. Quanti sono. Dove vivono. Cosa fanno. Come vivono. Dove vanno. Dove sono. Li cerchi e non li trovi. Ma ci sono. Sono lì. Nella piccola Africa di casa nostra. In quel gran perimetro che va da Bellizzi Battipaglia sino ad Eboli, Capaccio, Paestum, Bivio Pratole, Litoranea, Santa Cecilia a tirar su e giù in quella terra ricca e fertile che è la Piana del Sele. Vi si entra senza permesso, senza passaporto e senza valigia. Arrivano da un’altra Africa. Quella vera. Attraversano deserti. Resistono. Muoiono. Sopravvivono. Solcano mari in tempesta. Anelano pane e libertà. S’incamminano verso la vita. Nuova e diversa. E se arrivano qui…
In questo cerchio d’Africa italiana …scompaiono. Nessuno li vede. E pure lavorano. A tutte le ore. Da mane a sera. Nei campi, nelle stalle, nelle industrie. I più a nero o a nero a metà. Presi per fame. Malpagati. Sottopagati. Vivono di niente. In baracche sgarrupate, in tende tirate su con pezzi di risulta, all’addiaccio, in ruderi alla men peggio sistemati. Non rispondono alle offese e non reagiscono. Stanno zitti se gli taglieggiano quel poco di niente che hanno. È un deserto di povertà. Il mercato nero delle braccia nere. Per sopravvivere, poveri rubano ai poveri. A due passi da Eboli, dietro l’angolo di Battipaglia, nell’apartheid della Valle del Sele uomini come bestie nel lavoro. Nero più della pelle. Nessuno s’accorge. Nessuno vede. Uomini e donne sfiancati nelle terre e nelle stalle per quattro soldi a nero. Taglieggiati anche. Morti di fame e di rabbia nella gabbia aperta della Valle del Sele. Dove tutto accade sotto il sole e tutto nasconde il sole e copre la notte. La vita scorre nel silenzio senza diritti. Senza umanità e senza dignità. Sfruttati che non chiedono aiuto nel timore di essere espulsi. Ricattati. Silenziati dalla paura e dai morsi della fame. Così tutto tace e tutto scorre nel bel raccolto d’ogni stagione. Nel bel racconto dell’inclusione. Non c’è traccia di mani nere e schiene rotte. È il film di tutti i giorni. Primo ciak poco prima dell’aurora. Fiati misti e respiri sospesi nell’attesa del furgone del caporale. Poi….le ore scorrono a raccogliere fragole, cipolle, zucchine e tutto quanto le stagioni delle colture a ciclo continuo della ricca e fertile Piana del Sele. Dove tutto accade e tutto si nasconde. Nessuno vede. …quando, ancora buio, salgono a bordo, stipati, su furgoni e camioncini, o sotto la pioggia a terminare lunghe giornate di lavoro nelle stalle, con solo pochissime ore malpagate. Stallieri, lavapiatti e facchini senza contratto. Clandestini per fame. Ricattati. Taglieggiati. Costretti a vivere di espedienti e talvolta anche a delinquere per onorare debiti e caparre. Falsi permessi di soggiorno…comprati e venduti. La vita è qui. Nell’Africa di casa nostra. Faccendieri che recitano solidarietà e falsi avvocati che promettono emersione e legalità. Caporali del mercato e padroncini delle braccia. Posti letto a peso d’oro. Affitti da capogiro sempre a nero e con dentro stanze in cinque, sei o sette persone. Camere a gas. In una roulotte, di quelle che donavano nel terremoto del 1980. Malsana, arrugginita, con tre giacigli maleodoranti e qualche scodella negli angoli lerci. Hamed paga duecento euro al mese. Come lui altri due africani. Senza riscaldamento, senza acqua, e senza coperte…nella vecchia
roulotte…..tre clandestini per seicento euro al mese. A nero. Prestiti con lo strozzo per pagare patrocini, domande di emersione e istanze per ricongiungimenti
familiari. Tutto nell’aria che si respira nella Valle del Sele.
Ketty Volpe
Fonte http://focusonafrica.info
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