Per una serata si sono accesi i riflettori su realtà troppo spesso dimenticate e, alla presenza di rappresentanti istituzionali, solitamente distratti o impegnati altrove, Antonio Di Franco ha potuto finalmente svelare i tesori di umanità e di sofferenza che accompagnano la vita di un detenuto. Superati i controlli di accesso alla struttura carceraria, i Maestri del Lavoro si sono ritrovati insieme agli altri invitati in uno splendido cortile, tra la curiosità degli ospiti e gli sguardi vigili degli agenti penitenziari, ed immediatamente è stata percepita un’atmosfera di amicizia e di accoglienza, per certi versi inaspettata in quello che è pur sempre un penitenziario.
Tra i detenuti ferveva un’attività febbrile, uno spirito di collaborazione profondo, come se il riscatto di uno di loro fosse il riscatto di tutti, come se la voce di Antonio fosse quella di ognuno: si è subito percepito che, con ogni probabilità, quella è la differenza tra l’ICATT e gli altri istituti di pena; che quel castello nel centro storico di Eboli è l’essenza di ciò che dovrebbe essere un carcere, un luogo di recupero, di rispetto, di valorizzazione di peculiarità e competenze che accompagneranno gli ospiti nella loro vita fuori dalle sbarre.
Nel salone delle conferenze l’emozione del novello scrittore era palpabile, commovente: Antonio si sentiva palesemente fuori posto e il suo guardarsi intorno con incredulità ha restituito ai presenti il senso che l’evento avrebbe dovuto avere.
Mancavano, purtroppo, al tavolo dei presentatori coloro che sono i principali artefici del miracolo di Antonio, ossia i volontari dell’associazione di promozione sociale “Mi girano le ruote”, che con Vitina Maioriello da oltre sette anni ogni sabato si recano in carcere e per i ragazzi hanno fondato la rivista “Diversamente Liberi”, tra le pagine della quale i detenuti hanno ritrovato la libertà di scrivere, la dignità del pensiero e la reale condivisione di aspettative e progetti da attuare fuori dalle sbarre.
Ma, comunque, resta la soddisfazione per l’espressione felice di Antonio ed il fervore partecipativo dei suoi compagni, il plauso per la dirigenza illuminata dell’istituto, in una catena di intenti che ha squarciato il velo dell’indifferenza, accendendo per una volta le luci su realtà troppo spesso dimenticate. Un grazie sentito va alle maestranze dell’ICATT che hanno reso possibile il concretizzarsi del sogno di Antonio, con la segreta speranza che il romanzo possa in futuro volare lontano insieme al suo autore.