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De Luca alla Festa dell’Unità: «Terzo mandato? Ci penso»

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«Se penso al terzo mandato? Certo che ci penso, penso al terzo, al quarto, al quinto, al trentesimo. Dovete andare a piedi a Pompei se decido di fare il terzo mandato». Lo ha detto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, dal palco della Festa dell’Unità di Napoli, rispondendo a una domanda sulla possibilità di un suo terzo mandato alla guida della Regione, possibilità al momento non prevista dallo statuto regionale che fissa il limite a due mandati consecutivi.

«Questa non è una battaglia culturale – ha detto De Luca – è una battaglia pilotata da 6 o 7 esponenti ex comunisti che io trovo davanti a me da 20 anni. Un grumo di rancorosità penoso. Nessuno ha sollevato problemi quando Zaia si è candidato per il terzo mandato, Formigoni ne ha fatti 4. Ma quella è gente concreta, mica pensano a queste stupidaggini, questi qui invece non pensano ai problemi che dobbiamo risolvere in Campania, a chi è in grado di dare una mano e chi no.

Pensano a fare polemiche idiote e solo qui si vedono queste polemiche. Ma poi sono 6 o 7 persone, non di più, fra cui uno che solo di vitalizi si mette in tasca netti fra 6 e 7mila euro al mese, e fa la battaglia per il terzo mandato. Pensiamo alle cose serie».

«HANNO LAVORATO PER FOTTERMI E CANDIDARE COSTA». Il governatore non ha fatto sconti al Pd: «Abbiamo avuto esperienze rispetto alle quali il gruppo dirigente nazionale del Pd non pensava a quale potesse essere il dirigente o la figura amministrativa in grado, per la sua storia e per le cose fatte, di governare qualcosa, di cambiare la realtà. Questo è avvenuto fino all’ultima campagna elettorale per le regionali, dove esponenti significativi del Pd hanno lavorato per mesi per fottere De Luca e candidare Sergio Costa dei Cinque Stelle. Mica pensavano alla Campania, a chi poteva avere l’esperienza per reggere. Per mesi facevano finta di non vedere, di non sentire, e lavoravano sott’acqua».

«Questo meccanismo di selezione dei gruppi dirigenti – ha aggiunto De Luca – è quello che Gramsci definiva la storia del grande uomo e del cameriere: fare il vuoto intorno per emergere e distinguersi. Per tanti dirigenti nazionali il problema non è individuare le forze in grado di dare sostanza culturale, politica e organizzativa a un partito. La selezione dei gruppi dirigenti non avviene sulla base del radicamento che si ha nei territori».

Secondo De Luca «ci sono dirigenti che hanno perduto nei loro territori tutto quello che si poteva perdere, e fanno i dirigenti nazionali. Oggi le funzioni dirigenti nel Pd si definiscono sulla base di logiche di correnti, di sottocorrenti e di tribù. È il punto supremo di sviluppo del correntismo.

Il Pd ha assunto il peggio del Partito comunista e il peggio della Democrazia cristiana: il centralismo burocratico del Pci e il correntismo deteriore della Dc. Non ha assorbito le cose migliori, il senso dell’organizzazione e della militanza dei vecchi comunisti e la cultura della persona, del personalismo del cattolicesimo democratico, per cui a volte ci presentiamo come una banda di sciamannati, e troppi dirigenti del partito impiegano il 99% del loro tempo non ad affrontare e risolvere i problemi, ma a costruire sistemi di relazioni, a Roma soprattutto. A me questa cosa fa schifo».

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