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La fatica della vacanza (di Cosimo Risi)

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L’anno lavorativo, che al Sud tradizionalmente tanto lavorativo non è, ha il pregio della certezza.

Sai quando devi uscire di casa per accompagnare i figli a scuola, sai quanto tempo devi passare al computer spostandoti febbrilmente dai sito hot all’istituzionale appena la collega entra in stanza, sai a che ora hai la pausa caffè che si dilata alla pausa sigaretta, sai a che ora consumare la colazione, non capisci perché nel Nord civilizzato si chiama colazione il pranzo e pranzo la cena, ma tu imiti quel linguaggio perché fa moderno.

Sai infine a che ora torni a casa e prima passi al supermercato per rimediare alla dimenticanza della moglie al mattino, il prodotto che a sera non trovi più sullo scaffale ma è colpa tua che non sai cercare.

A fine luglio, eppure ci hai pensato già a Natale quando ingannavi la noia post-prandiale sognando spiagge di bikini succinti e sole ad abbronzare “le chiappe chiare” (Gabriella Ferri), devi programmare la vacanza d’agosto.

Finita l’epoca in cui prendevi in affitto la casetta per la stagione e ci deportavi la famiglia, con l’inevitabile suocera precocemente vedova. Mai che capiti una alla Natalia Aspesi, la tua adorata cronista della futilità intelligente, che a novanta e passa anni vanta l’autonomia nella Milano deserta del Ferragosto.

Ora si portano le vacanze brevi, fanno moderno, e tu civetti con la modernità quando compulsi i social in cerca della tipa che ammicchi promesse indicibili.

“Tutti quei momenti sono destinati a perdersi come lacrime nella pioggia” (Blade Runner) appena la maggioranza, che da sondaggi si profila in autunno, riporterà in auge il trittico Dio-Patria-Famiglia. Ma sul primo nome qualcuno in Vaticano vanta l’esclusiva del dialogo diretto.

L’estate prossima riapriranno le colonie per i ragazzi e i ritiri conventuali per le ragazze. I primi a Lampedusa a raccattare i relitti sulla spiaggia. Le seconde a imparare l’arte dell’uncinetto, il corredo non deve mancare nella loro dote per il matrimonio etero e concordatario.

Ti hanno farcito la testa di immagini di popoli bisognosi. Senza tetto, senza cibo, senza soldi, soprattutto senza prospettive che non sia di imbarcarsi sul barcone per l’Europa meridionale o salire sul convoglio per la Polonia. Bisogna muoversi nella sfera della cooperazione. Adatti il motto “adotta un sito da salvare” e adotti una città da salvare. Il posto giusto è Kiev, qualcuno scrive  Kyiv, sarà un errore di stampa, il correttore combina di questi scherzi.

Pensi che sia un viaggio originale e solidale, scopri che sei l’ultimo di una serie di personaggi che passeggiano per la capitale ucraina, promettono mirabilia sotto forma di armi efficacemente difensive, come se esistessero armi buone solo a difendere e non attaccare. Non intervengono nella pugna né imbastiscono una seria mediazione per chiudere  lo sciagurato conflitto.

Tornare al XX secolo, con la contabilità delle vittime e dei profughi che cresce giorno dopo giorno, fa evaporare il fascino dell’avventura e ti precipita nell’angoscia del dubbio. Se a qualche chilometro da noi si combatte in nome di nuove sovranità, è allora l’esasperazione delle sovranità a minacciare la pace.

Ci stai cascando di nuovo, non distogli il pensiero dall’attualità neppure alla vigilia delle vacanze. Decidi di tornare a pensare in piccolo, e chi se ne frega della modernità del mordi e fuggi.

Per agosto blocchi, a prezzi esagerati, una specie di alloggio  prospiciente il mare,  si può scendere in spiaggia in prendisole e ciabatte. Chi ha voglia di seguirmi, mi segua, è l’appello che lanci alla tribù.

Si defila la suocera, sceglie la crociera per Single con approdo in Turchia. Ha saputo che nel porto di Izmir  certi baffuti facchini sprizzano sudore e testosterone mentre aiutano le turiste con il bagaglio. Il paese non conosce il reddito di cittadinanza, i giovani si industriano da badanti tuttofare. La suocera, almeno lei, tornerà rinfrancata dalla vacanza d’agosto.

Arrivederci a settembre!

di Cosimo Risi

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