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Zito e il retroscena: “Vi racconto perché passai dall’Avellino alla Salernitana”

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Foto Nicola Ianuale

Intervista a tutto campo al centrocampista realizzata dalla redazione del sito LacasadiC.com: un viaggio tra aneddoti, ricordi, clamorosi e inediti retroscena.

Antonio Zito è uno di quei calciatori che o lo ami o lo odi. Senza mezze misure. Una vita in campo: 406 presenze, 37 gol e 46 assist collezionati tra i professionisti, lo scorso 6 giugno Zito ha compiuto 36 anni, è reduce da una stagione divisa  a metà tra Paganese (Serie C) Nola (Serie D).
La sua carriera è un concentrato di esperienza ed esperienze. Ecco un estratto relativo agli anni in cui il calciatore militava nell’Avellino per poi trasferirsi alla Salernitana dove in poco tempo diventò un beniamino della piazza granata:

Zito, Castaldo e la rottura con Taccone: “Non mantenne la parola sul rinnovo, gli dissi di stare certo che sarei andato via a gennaio”

Nel gennaio 2014 il trasferimento all’Avellino per abbracciare l’amico più grande di tutti: Conoscere Castaldo ha significato conoscere un vero amico. Merce rara in questo mondo. Abbiamo condiviso gioie e dolori, dentro e fuori dal campo. Tra di noi non ci sono mai stati segreti, siamo stati sempre leali l’uno con l’altro. Con lui abbiamo coniato l’esultanza mimando un brindisi con due bottigile di birra: perché? Dopo ogni vittoria con l’Avellino eravamo soliti bere una birra per raccontarci la partita. In quelli negativi era invece sfogo per tirare fuori di tutto e di più.

Dici Avellino e non si può che parlare dell’addio all’Avellino coinciso con il sì agli acerrimi rivali sportivi della Salernitana. L’occasione ideale per dire ciò che finora Zito non aveva mai detto: L’addio all’Avellino non dipese dalla mia volontà. Quando il 2 giugno 2015 fummo eliminati in semifinale al Dall’Ara, dal Bologna, l’allora presidente Walter Taccone promise che mi avrebbe rinnovato il contratto nel giro di qualche giorno. Quell’appuntamento non è mai stato realmente fissato. Così ne feci una questione di principio“.

Iniziò il ritiro, mi incrociò e mi disse: “Antonio, come stai? Ti vedo un po’ giù di morale”. Io risposi: “Tranquillo, presidente, presto ritroverò il sorriso a gennaio sarò il primo ad andare via. Le ricordo che avevamo un incontro. Lui rimase sorpreso e provò a sdrammatizzare aggiungendo: “Ma come, abbiamo rischiato la storia, dai non fare così”. Poi scoppiò a ridere. La trovai una grave mancanza di rispetto. Per me la parola e sacra”.

Zito, Salernitana e l’entrataccia a un compagno per dare la carica al primo allenamento: “Fabiani mi disse che non mi aveva preso per mandare gente all’ospedale…”

Frattura insanabile: “Si interessarono il Pescara e lo Spezia, che veleggiavano nei quartieri alti della classifica. Un giorno il mio agente, Claudio Parlato, mi chiamò e mi disse che c’era anche la SalernitanaPresi un giornale, andai a vedere la classifica e vidi che erano quasi spacciati: a 7 punti dai playout, praticamente retrocessi a gennaio. Fu allora che sentì dentro che era quella la vera sfida di cui avevo bisogno. Ho sempre adorato prendermi le rogne“.

Accettai la Salernitana e nel primo allenamento decisi di entrare in maniera dura su un compagno di squadra. Non mi piaceva perché aveva un atteggiamento negativo. Ero convinto che quel tipo di modo di fare, svagato, fosse uno dei problemi di quel gruppo e che se la Salernitana annaspava nei bassifondi della classifica era proprio a causa di quel modo di fare. Il direttore sportivo Angelo Fabiani s’arrabbiò: “Antonio, ti ho preso per darmi la mano non per mandarmi all’ospedale i giocatori. Lo rassicurai: “Si fidi di me, questo è un messaggio per tutti i compagni che sono qui tanto per. Questa è la strada giusta per salvarci. Queste sono le corde da toccare”.

“La prima partita da giocare era Avellino-Salernitana, il 16 gennaio 2016. Con Tesser da avversario. Ironia della sorte. I tifosi vennero all’allenamento e si rivolsero a me: “Non ci importa dove hai giocato, basta che sudi questa maglia e per noi sarai un giocatore importante”. Quelle parole mi sono sono entrate nella testa perché le ho trovate intelligenti. Pensare alla propria squadra, innanzitutto. A Salerno i tifosi amano realmente la loro maglia prima di tutto.

Zito e Sprocati

Avellino-Salernitana, Zito e il fumogeno fumato come un sigaro: “Volevo far capire che mi stavo divertendo come un bambino…”

E arrivò l’ora del derbyAd Avellino presero il mio passaggio alla Salernitana come un tradimento, ma non era così. Due anni favolosi erano stati cancellati con un colpo di spugna. Quella giornata mi hanno insultato in un modo che non riesco nemmeno a spiegare anziché riconoscere il contributo che avevo sempre dato per difendere la maglia biancoverde. In fondo è più facile discriminare che ad apprezzare. E così, quando mi è arrivato tra i piedi un fumogeno dalla Curva l’ho preso e ho fatto finta di iniziare a fumarlo come fosse un sigaro per lanciare un messaggio: “Per me è un lavoro, ma quando sono in campo sono un bambino. E quello che state facendo mi fa solo divertire”. Essere attaccato mi ha sempre caricato particolarmente”.

“Perdemmo quella partita, fu decisivo Marcello Trotta, ma alla fine ci salvammo realizzando un’impresa incredibile. Sono felice di aver fatto la mia parte anche segnando un gol che porto nel cuore, nel playout contro la Vitus Lanciano. Mi piace pensare che se adesso la Salernitana in A è in piccola parte iniziato tutto da quella salvezza. Ho avuto il piacere di conoscere il presidente Danilo Iervolino in occasione della festa per i 103 anni dalla fondazione: l’ho trovato una persona eccellente, disponibile, affabile. Ha un bel progetto ed è il primo tifoso della Salernitana”.

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