La signora e il funzionario fu scritta da Aldo Nicolaj (1920-2004) alla fine degli anni ’70, quando l’opinione pubblica italiana era profondamente scossa da disordini di piazza, lotta armata, strategia della tensione. Se ne percepisce l’eco, sia pure smorzata da una scrittura ironica e briosa, nel serrato e quasi asfissiante dialogo fra un funzionario – espressione tipica e grottesca delle meschinità e delle cattive abitudini radicate nella burocrazia ministeriale – e una di quelle terribili signore borghesi che popolano il teatro del prolifico commediografo piemontese, all’apparenza frivole e svitate, in realtà dotate di una sottile, personalissima razionalità.
L’impatto fra i due personaggi produce un effetto bizzarro, che si spinge fin quasi ai confini del teatro dell’assurdo; un gioco un po’ perverso fra un gatto e un topo, in cui il primo, cedendo alla tentazione di un crudele ma divertente passatempo, tormenta e mette più volte alle corde la sua vittima; l’altro, intimidito e irrazionalmente spaventato, prova a minacciare, poi ad assecondare e blandire, il suo casuale aguzzino, nel quale vede materializzarsi tutte le sue paure, le sue debolezze, i suoi rancori, le sue frustrazioni. Sotto pressione e come in un incubo, arriva ad affermare di tutto e il contrario di tutto, mettendo a nudo in modo incongruo e inconsapevole i propri pensieri più reconditi.
E «un uomo, di veramente suo, non ha che i pensieri…». “Sfrondato dei riferimenti più strettamente legati alla congiuntura socio-politico d’origine e trasportato in un luogo e in un tempo meno definiti e vagamente più attuali, lo spettacolo punta, sì, sulla critica pungente dei vizi nascosti e delle piccole virtù della middle class, bersaglio privilegiato della satira dell’autore. Con ghigno sardonico e moderata indulgenza, Nicolaj mette sotto osservazione, con lo sguardo lungo del pessimista di fondo, gli immarcescibili costumi nazionali.
Ma l’omaggio che la Compagnia dell’Eclissi ha voluto rendere al drammaturgo di Fossano per il centenario della nascita (2020) vuol essere soprattutto la rappresentazione di un gioco teatrale che si avvale di una scrittura fluida e arguta oltre che di una solida costruzione drammaturgica”, scrive Marcello Andria che come detto firma la regia dello spettacolo.