Si tratta dei F.A.D. (fishing aggregating device) dispositivi di concentrazione del pesce, comunemente noti come “cannizzi” ed utilizzati per attrarre in superficie alcune particolari specie, ad esempio le lampughe, che poi vengono pescate con l’utilizzo di reti a circuizione. Gli attrezzi rinvenuti sono risultati in contrasto con la normativa vigente in quanto privi della prevista marcatura necessaria ad idenficare il motopesca di appartenenza, e dunque riconducibili alla pesca non professionale.
Si riconoscono facilmente in mare in quanto per la maggioranza composti da taniche o materiale plastico galleggiante, qualche foglia di palma e un telo ombreggiante. L’attenzione nei confronti di questo tipo di attrezzi da parte del personale della Capitaneria di Porto è molto alta, ancor più nei periodi di maggiore utilizzo, in quanto rappresentano non solo un pericolo per la sicurezza della navigazione – qualora non adeguatamente segnalati, soprattutto di notte – ma anche una minaccia per l’ambiente marino in cui vengono illecitamente utilizzati, a causa della quantità di materiale plastico con cui vengono confezionati, per poi essere abbandonati al termine della stagione di pesca.
Non ultimo per il rischio che altri organismi non bersaglio vi rimangano intrappolati, come spesso accade con le tartarughe marine. Peraltro le operazioni di recupero da parte dei militari risultano sempre molto complesse, in quanto per tenere saldi tali dispositivi al fondale, vengono utilizzati blocchi di cemento di notevole peso. Si evidenzia che la pesca professionale a circuizione con l’ausilio di questi sistemi può essere praticata esclusivamente in alcuni periodi dell’anno dai soli motopesca che su ciascun F.A.D., da realizzare mediante l’uso di cime e galleggianti biodegradabili, riportano la propria matricola identificativa ed i previsti segnalamenti luminosi.
I controlli continueranno, nell’ambito della più ampia pianificazione regionale disposta dal 4°Centro di Controllo Area Pesca della Campania.