Nel contempo, sono moltissime le iniziative editoriali aventi come tema conduttore l’attività mefitica della criminalità organizzata.
I tanti successi delle forze dell’ordine, nell’impari lotta contro il crimine organizzato, ha fatto dire a qualche rappresentante istituzionale verticistico che la criminalità organizzata è in “agonia”.
Purtroppo, la realtà e’ ben diversa. La riprova che la criminalità organizzata, mafia in Sicilia, N drangheta in Calabria, camorra in Campania, Sacra Corona unita in Puglia, e’ piu’ viva che mai e, in alcuni comuni, del nord come del sud, sciolti per infiltrazioni mafiose.
Perché la criminalità organizzata continua ancora ad imporre alla società civile le sue leggi tribali? Come si puo’ spiegare la presenza della criminalità organizzata negli appalti pubblici, nel continuo aumento del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel potere di conoscere con anticipo i provvedimmenti economici della Unione Europea a favore del nostro paese? Come fa la criminalità organizzata assicurarsi, con insospettabili prestanomi, alcuni tratti delle nuove linee ferroviarie ?
Riesce, fra l’altro, ed entrare bei gangli vitali delle istituzioni a tutti i livelli: a corrompere falsi servitori della Stato, a far entrare nelle carceri, servendosi di sofisticati meccanismi, droghe leggere e pesanti, minuscoli ricetrasmettenti e telefoni di ultima generazione. La criminalità organizzata, in particolare la n’dranghete, e’ il punto di riferimento dei trafficanti boliviani, messicani. La mafia siciliana, invece, preferisce giocare in borsa, , acquisire con ingenti somme di danaro riciclato lussuosi alberghi in centro e sud America, nei paesi in sviluppo del terzo mondo.
Le criminalità organizzata italiana e collegata con le mafie cinesi, nigeriane, albanesi nel senso che lascia loro di esercitare sul territorio tantissime e attività illegali riservandosi una tangente.
Crea allarmismo il lavoro nero che si pertica su larga scale nella raccolta dell’oro rosso nel foggiano ed in provincia di Salerno. La figura del caporale non e’ un pallido ricordo del passato, ma e’ attualismo in Campanin. E’ il procacciatore di affari par alcuni titolari di colture agricole, è la figura di raccordo tra lo sfruttamento delle braccia a la camorra da cui trae sporchi guadagni. E’ un esercito di disperati fra uomini, donne e talvolta minori che quotidianamente lavorano nei campi anche dodici ore al giorno per una paga da fame
di Enzo Todaro