Innanzi tutto, è opportuno rilevare che la drammatizzazione dei risultati elettorali del PD sia da collegare non tanto al dato in sé (che resta apprezzabile anche con riferimento a quello raggiunto nella tornata del 2018), quanto piuttosto ad una sorta di “regolamento di conti interni”, frutto di quella tragica frammentazione correntizia che ormai da decenni influenza negativamente le dinamiche interne del partito.
Risolvere il tutto in un mero scontro interno di potere, per quanto in sé rilevante, non resta idoneo ad offrire un quadro completo della situazione. Vi è che lo scontro maggiore mi pare appuntarsi sulle scelte strategiche e di lungo periodo, tanto che addirittura si è paventato di cambiare la stessa denominazione del partito, immaginandone una diversa collocazione sullo scenario politico nazionale (con indubbie ricadute anche su quello internazionale).
E’ diffusa l’opinione che lo spazio “sociale” tradizionalmente coperto dal PD, oggi ritenuto sempre più una formazione politica che volge lo sguardo al ceto medio delle grandi città, sia stato, in ragione di osmosi elettorali, occupato dal movimento 5Stelle, che, nella narrazione corrente, si sarebbe fatto carico dei bisogni della popolazione più marginale.
Si tratta, però, di una interpretazione in parte errata, posto che il post-grillismo fa riferimento ad una particolare categoria sociologica il cui perimetro è dato, in misura prevalente, dai percettori del reddito di cittadinanza.
Ora, la tradizione dei partiti della sinistra italiana non ha mai guardato alle rendite di posizioni prevalentemente parassitarie, ma al ceto operaio produttivo o, al più, ai lavoratori sindacalizzati della pubblica amministrazione. Si tratta, però, di un processo di rappresentanza degli interessi che negli ultimi decenni è sostanzialmente venuto meno, sì che oggi si richiede al PD di mutare i riferimenti del proprio c.d. bacino elettorale.
Ed è proprio in questa prospettiva che il PD rischia concretamente di perdere le ragioni stesse della sua costituzione, data dalla confluenza tra le tradizioni riformiste della sinistra e quelle del mondo cattolico, affacciandosi nella costruzione di un alleanza stabile ed integrata con il movimento 5Stelle, che resta, invece, caratterizzato da un elevato tasso di populismo e attestato su posizioni giustizialiste, in un mix pericoloso di “gratuità” affidate alla retorica dell’avvocato del popolo.
In realtà, come già verificato in Sicilia e nelle scorse elezioni, nel contesto dello smarrimento del PD alla ricerca di un’identità evaporata, potrebbe proprio essere il “descamisado con pochette” (rubo l’espressione ad Alfio Grasso) a lanciare una opa ostile sulla “Ditta” degli Orlando, Emiliano, Bettini e Boccia.
Del resto, sono proprio questi ultimi a spingere il PD su posizioni sempre più collocate “a sinistra”, disegno che verrebbe ad essere completato con la possibile elezione a segretario di Elly Schlein, vice-presidente della Regione Emilia Romagna, di cui sono ben note le tendenze ad un ambientalismo ideologico, ad una avversione verso le alleanze occidentali, il tutto condito con una non nascosta vena di vuoto sociologismo populista.
Questa configurazione dei futuri assetti, con attribuzione al Movimento 5Stelle del ruolo di “partito del Sud” assistito e al PD il ruolo di “partito dell’evanescenza nella transizione ecologica” e di cantore dei diritti sociali, finirebbe per realizzare una nuova coalizione alla Jean-Luc Mélenchon, che in Francia ha dato luogo ad una formazione caratterizzata da un significativo estremismo ideologico.
Si pongono, allora, delle domande importanti. Una volta dichiarata la “morte” del progetto di Veltroni & C per la costruzione di un partito riformista e moderno, quale sarà il futuro dei tanti elettori moderati che sino ad oggi, sia pure con molta sofferenza, hanno trovato casa nel PD ??
A fronte di questa situazione, non sarebbe il caso che il Governatore De Luca (viste le indubbie capacità comunicative, le cui ricadute pratiche restano, però, sconosciute agli elettori non campani) possa pensare di impegnarsi nella battaglia congressuale per la segreteria del Partito, nel tentativo di far emergere una linea meridionale che non risulti appiattita sulla mera teorica della “gratuità” pentastellata ???
Giuseppe Fauceglia