Fino a gennaio 2022, il Kazakistan e altri paesi già membri dell’Unione Sovietica vedevano nella Russia un partner speciale, ingombrante ma garante della loro sicurezza, soprattutto rispetto alla popolosa Cina. Le truppe russe, chiamate dal Presidente Tokaev, aiutarono il Kazakistan a ristabilire l’ordine interno dopo giorni di sommosse.
Da febbraio, con lo scoppio del conflitto ucraino, qualcosa si è incrinato. Il Kazakistan e altri paesi di Asia centrale e Caucaso temono l’aggressività di Mosca, se ne allontanano con prudenza, non riconoscono – è il caso di Tokaev – l’annessione delle province orientali ucraine decretata da Putin dopo il referendum.
La transizione ecologica ne risente. Procede più lenta del previsto, pare comunque irreversibile specie nei paesi che hanno preso consapevolezza della crisi climatica. La massiccia immissione di gas serra nell’atmosfera terrestre altera gli equilibri. Certe reazioni, andare in biciletta, esibire una cultura verde ed ecosostenibile, con gli equivoci che una definizione del genera comporta, incidono in maniera molto relativa. Bisogna colpire i processi maggiormente energivori: la produzione industriale e il trasporto. La guerra in Ucraina sembra relegare, non si sa quanto momentaneamente, la crisi climatica a problema secondario, per aprire la strada al ritorno al carbone.
E’ prioritario volgersi a fonti di energia non produttrici di gas serra. I pannelli solari per uso civile aiutano ma hanno portata ridotta. Ben vengano allora il solare termodinamico, le batterie eoliche offshore, gli investimenti per l’idrogeno, l’uso del gas naturale per la produzione di energia elettrica, che tuttavia genera CO2 sebbene in misura minore del petrolio o del carbone.
La soluzione deve prevedere dei “portafogli energetici” commisurati alle specificità dei vari paesi e, al loro interno, dei vari ambiti energivori. Riparte il discorso sul nucleare per il suo potenziale “verde”. Gli impianti attuali sono sicuri ed affidabili, restano aperti i problemi dello stoccaggio o del ricircolo delle scorie. Pesa l’impatto emotivo sull’opinione pubblica.
Chernobyl causò 63 vittime e un numero di patologie statisticamente attese su un periodo di alcuni decenni e non sempre riconducibili all’incidente. Il disastro nucleare di Fukushima non produsse alcuna vittima a causa del reattore. Le vittime furono causate dallo tsunami.
La ricerca oggi si orienta verso piccoli reattori nucleari di quarta generazione, basati su tecnologie più sicure. I problemi sono la programmazione, l’investimento in ricerca, i tempi relativamente lunghi affinché ci sia una stabile produzione di energia.
Le misure di risparmio energetico s’impongono. La decisione del Governo italiano di ridurre il riscaldamento domestico e negli uffici pubblici e di ritardarne l’accensione va in questa direzione. Sull’Europa incombe lo spettro della scarsità di energia per i privati e per le imprese. Un inverno al freddo è scomodo per i cittadini, letale per un certo numero di aziende. Presso le popolazioni europee tenderà a scemare il tasso di solidarietà verso l’Ucraina: un indubbio vantaggio per l’aggressore.
Diversificare gli approvvigionamenti aiuta, i tempi non sono immediati. Il Mediterraneo, trascurato a favore dell’Europa orientale, torna in auge. Algeria e Libia sono i tradizionali fornitori cui si chiede uno sforzo aggiuntivo. Altri paesi, si pensi al Mozambico, saranno in grado di esportare a certe condizioni e con tempi dilatati. Ci vogliono le navi per il trasporto e gli impianti per il trattamento. Le une e gli altri non sono di facile reperibilità. Per non parlare delle resistenze interne ai rigassificatori: si veda il caso Piombino.
Dal Mediterraneo orientale arriva la buona novella dell’accordo sui confini marittimi fra Israele e Libano. Non si tratta del reciproco riconoscimento sul modello degli Accordi di Abramo, ma di un’intesa “tecnica” per lo sfruttamento dei giacimenti comuni. Di fatto c’è il via libera dell’Iran ai sodali libanesi, gli Hezbollah, perché cessino di opporsi. Non è quindi la fine delle ostilità, ma la possibilità per ambedue i paesi di arricchirsi con le nuove fonti. E’ una boccata d’ossigeno per la disastrata economia libanese.
In avvenire si potrà contare sulla fusione nucleare. Si tratta di riprodurre sulla Terra il meccanismo di funzionamento del Sole e delle stelle. Quando sarà disponibile, con un litro d’acqua e senza scorie, questa risorsa produrrà energia pari a 300 litri di petrolio. E senza rischi di radioattività o esplosioni.
Il sondaggio IAI-Laps certifica che la maggioranza degli intervistati (23%) assume l’autonomia strategica come la priorità del nuovo Parlamento, mentre appena il 4% l’assegna alle politiche migratorie e di asilo.
di Cosimo Risi
Il problema dell’inquinamento è di lungo termine come soluzione e con prospettive poco rassicuranti nei servizi e nelle attività produttive.
Sul versante riscaldamento domestico, ospedaliero e nei posti di lavoro non c’è alternativa per adesso, al fossile.
Se sul piano politico non si affronta il problema ENI la cui partecipazione statale si è ridotta al 23%, bisognerà pagare di tasca nostra gli extraprofitti realizzati dai soci privati, perché non siamo come la Germania che può stanziare 200 miliardi in barba ai trattati. Mossa, quella dei tedeschi, fatta per non risolvere i problemi “a babbo morto”.
Per finire, la Russia continuerà a vendere, se abbiamo intenzioni SERIE.