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Bollette, +5% per il gas a ottobre. Per l’elettricità altra mazzata

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Aumento intorno al 5% in arrivo per le bollette del gas di ottobre, anziché del 70% come previsto un mese fa. A dirlo all’Ansa è il presidente di Nomisma energia, Davide Tabarelli, in vista della comunicazione di giovedì prossimo della tariffa per le famiglie del mercato tutelato da parte dell’Autorità per l’energia (Arera). Da questo mese l’aggiornamento tariffario diventa mensile anziché trimestrale e “se l’aggiornamento fosse stato fatto con il vecchio meccanismo a fine settembre avremmo avuto un aumento anche del 200%”, rileva Tabarelli

L’aggiornamento tariffario diventa mensile anziché trimestrale per le famiglie che sono ancora nelle condizioni di tutela (circa 7,3 milioni di clienti domestici, su un totale di 20,4 milioni, il 35,6% circa). “Quella dell’Arera è stata una scelta azzeccata, forzata dal cataclisma che è arrivato dai mercati e dall’esigenza dell’Autorità di intervenire – spiega Tabarelli – Ed è stato anche un colpo di fortuna poiché il caso ha voluto che il nuovo meccanismo entra in vigore proprio mentre c’è il calo” del prezzo del gas

“Se avesse ritardato di un trimestre, dal primo gennaio sulle bollette avremmo avuto una catastrofe – prosegue il presidente di Nomisma energia – Se avessimo lasciato il meccanismo precedente, in vigore dal 2013, avremmo avuto un balzo del 200% ma sarebbe stato deciso a fine settembre come è avvenuto per l’aumento del 59% dell’elettricità”

“Per il gas l’Arera ha detto ‘Aspettate c’è un nuovo sistema’ – conclude Tabarelli – Quando hanno fatto la modifica dell’aggiornamento (non più trimestrale) ai primi di ottobre hanno detto che con il nuovo meccanismo ci sarebbe stato un amento del 70%, perché c’era già un po’ di calo del prezzo del gas. Ma ora ci sono tutti i prezzi fino alla fine di ottobre e stimiamo una variazione del +5%”

Ma guardando all’estero, secondo un’analisi realizzata da Confcommercio-Nomisma, alberghi, bar, ristoranti e negozi alimentari pagano in Italia, a parità di consumi e di potenza impegnata, una bolletta elettrica notevolmente più elevata: hanno una spesa elettrica mediamente superiore del 27% rispetto alle imprese spagnole e addirittura di quasi il 70% rispetto a quelle francesi. Meno severo il divario relativo ai negozi non alimentari che pagano, rispettivamente, l’11% e il 16% in più

Il dato rispetto agli altri Paesi – prosegue l’analisi – è tanto più significativo se si considerano le risorse complessivamente stanziate dai singoli Paesi nel 2022 per far fronte ai rincari energetici, con l’Italia al primo posto con quasi 60 miliardi, quasi il doppio di quanto stanziato dalla Spagna. L’Italia, in sostanza, ha speso più sia della Francia che della Spagna pur continuando a registrare costi delle bollette elettriche decisamente più elevati rispetto ai due Paesi benchmark

“Scontiamo, evidentemente, l’errore di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni – spiega lo studio – Scontiamo, ancora, i troppi ‘no’ preconcetti e l’ipertrofia burocratica che, ad ogni passo, blocca decisioni e realizzazioni. Servono, invece, pragmatismo e realismo per gestire – in Europa e nel nostro Paese – il processo di transizione energetica all’insegna della convergenza necessaria tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica e sociale”

Per quanto riguarda le famiglie italiane, la trasmissione “maggiori costi dell’energia, minori consumi nel complesso” si sviluppa attraverso il canale dell’inflazione, cioè aumento generalizzato dei prezzi (quindi, non solo energetici) che colpisce sia il reddito corrente sia, soprattutto, il valore reale della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida. I costi dell’energia impattano le spese obbligate, difficilmente comprimibili nel breve periodo

Inoltre, il maggiore prezzo dell’energia si diffonde a tutte le filiere di produzione e distribuzione e, quindi, a tutti i consumi. In questa situazione, se i sostegni del governo – pari a circa 40 miliardi di euro alle famiglie nel 2022 – compensano buona parte delle perdite di reddito, soprattutto per le famiglie meno abbienti, nulla possono contro i circa 77 miliardi di euro perdita di potere d’acquisto della ricchezza liquida, nei soli primi sei mesi del 2022

Ciò potrebbe comportare una riduzione dei consumi, rispetto a uno scenario con inflazione “normale”, di 5-7 decimi di punto percentuale. Questo fenomeno – conclude l’analisi – unito al perdurare dell’incertezza che non agevola la risalita della propensione al consumo, sta innescando la recessione tecnica che si concretizzerebbe nei trimestri a cavallo della fine dell’anno in corso

 

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